IL POPOLO n. 33 del 05.09.2021
IL POPOLO
Assemblea sinodale
e formazione missionaria
Assemblea sinodale
e formazione missionaria
La formazione è, insieme alle relazioni, uno dei termini principali sui quali le parrocchie e le unità pastorali della nostra diocesi hanno posto l’accento rispondendo al questionario formulato in occasione della recente visita pastorale del Vescovo. Che rapporto c’è tra questo tema importante e l’Assemblea Sinodale che si sta preparando in diocesi? C’è un rapporto stretto e articolato. Lo si evince anzitutto dal fatto che entrambi i Quaderni preparatori dell’Assemblea mettono in risalto la centralità della formazione, "esigenza che diventa bisogno per chiunque vuole crescere" (Quaderno Secondo, par. 6). Questa "parola emergente, e mai invecchiata" (Quaderno Primo, par. 14), si declina in vari ambiti (personale, familiare, catechistico, liturgico), è attribuita a diversi soggetti (non solo le nuove generazioni, ma anche gli adulti, cioè genitori, catechisti, diaconi e presbiteri) e ha per oggetto differenti realtà (il Vangelo da un lato e la cultura del nostro tempo dall’altro).
Che il nesso tra formazione e Assemblea Sinodale sia essenziale, lo si può capire inoltre riflettendo sulla natura e sullo scopo di ciascuna.
L’Assemblea Sinodale potrebbe essere definita come un rimettersi in cammino tutti insieme per riannunciare il Vangelo tutti insieme. È una strada che viene condivisa (questo significa etimologicamente la parola "sinodo") al fine di tracciare un’altra strada da condividere, quella di una nuova evangelizzazione.
Lo scopo dell’Assemblea Sinodale è dunque quello di agevolare nella nostra diocesi la trasformazione missionaria della Chiesa, come indicato da Papa Francesco nella Evangeliigaudium. Si tratta di un processo di riforma che non investe soltanto le strutture, ma coinvolge direttamente la persona di ogni singolo fedele. "Siamo giunti ad una svolta che interpella ciascun battezzato a fare la propria parte perché la fede risplenda nel nostro tempo con la sua inesauribile forza di umanità e di pace per tutti" (Quaderno Primo, par. 22).
È precisamente questo il punto di innesto tra la riforma missionaria, a cui è finalizzata l’Assemblea Sinodale, e la formazione. La formazione in generale, infatti, è il processo attraverso il quale una persona perfeziona le proprie capacità diventando in grado di compiere nel modo migliore ciò di cui è capace. Nello specifico, tutti i battezzati possiedono, in virtù del battesimo, una capacità missionaria: "È il battesimo, infatti, che abilita ogni credente ad andare dappertutto per portare ad ogni persona l’annuncio di amore e di salvezza del Risorto" (Quaderno Primo, par. 23).
Il compito missionario al quale ogni battezzato è chiamato, tuttavia, può essere svolto al meglio solo mediante un’adeguata formazione.
Nessuno si sognerebbe di inviare un missionario in terre lontane senza prima averlo formato come si deve; analogamente, non è pensabile che un battezzato possa operare bene come evangelizzatore senza una formazione adatta al tipo speciale di evangelizzazione a cui è chiamato nel proprio ambiente quotidiano di vita. Senza formazione, non ci può essere buona evangelizzazione.
Il fine dell’Assemblea Sinodale, cioè la trasformazione missionaria della Chiesa di Concordia-Pordenone, non può essere veramente raggiunto senza la formazione di tutti i battezzati che compongono la nostra Chiesa diocesana.
Il rapporto tra Assemblea Sinodale e formazione può essere chiarito con una similitudine tratta dal mondo sportivo, che in questa indimenticabile estate del 2021 ha regalato a noi italiani grandi soddisfazioni. Non sembri irriverente un tal genere di paragone: lo usava già san Paolo nelle sue lettere (1 Cor 9, 24-27). Immaginate una squadra di calcio dal glorioso passato che si riduca a giocare soltanto in difesa, perdendo gradualmente posizioni in classifica e stima in se stessa. Immaginate ora un allenatore che voglia cambiare il gioco di questa squadra, facendola uscire dalla propria metà campo e riportandola ad avere l’iniziativa, a costo di correre qualche rischio nel reparto difensivo. Alla squadra verranno dati nuovi schemi e ai giocatori saranno attribuiti ruoli differenti rispetto a prima. Per attuare gli schemi e svolgere i loro nuovi ruoli, i giocatori avranno bisogno di modificare i loro allenamenti e le loro relazioni in campo. Mettete ora al posto della squadra la nostra Chiesa diocesana, al posto dell’allenatore il nostro Vescovo e al posto dei giocatori tutti noi battezzati della diocesi: se vogliamo essere una Chiesa in uscita, che prenda l’iniziativa e si spinga coraggiosamente in avanti con proposte innovative di evangelizzazione, tutti dobbiamo accettare di modificare i nostri schemi precedenti e prepararci a quelli nuovi con la formazione missionaria necessaria a ciascuno di noi.
L’Assemblea Sinodale ci offre una grossa opportunità, quella di contribuire alla definizione dei nuovi "schemi di gioco" e all’individuazione delle forme di "allenamento" di cui abbiamo bisogno per attuarli. Fuor di metafora, attraverso le fasi di ascolto e di confronto dell’Assemblea Sinodale, potremo aiutarci reciprocamente a capire quali passi compiere "per diventare discepoli del Maestro Gesù, il quale uscì lungo le strade del mondo per incontrare ogni situazione umana" (Quaderno Secondo, par. 7), consapevoli e fiduciosi che, come egli ci ha insegnato, "ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro" (Lc 6, 40).
Giovanni Catapano
Entrambi i Quaderni preparatori dell’Assemblea mettono in risalto
la centralità della formazione, "esigenza che diventa bisogno per chiunque vuole crescere"
Che il nesso tra formazione e Assemblea Sinodale sia essenziale, lo si può capire inoltre riflettendo sulla natura e sullo scopo
di ciascuna
Parole guida dalla CEI
La missione della parrocchia oggi
Per il pastore, anche una sola pecora è tanto importante da indurlo a lasciare tutte le altre nel deserto, per andare a cercare l’unica che si è smarrita.
Il pastore Gesù è la trasparenza dell’amore di Dio, che non abbandona nessuno, ma cerca tutti e ciascuno con passione.
Tutte le scelte pastorali hanno la loro radice in quest’immagine evangelica di ardente missionarietà
Nella parabola del pastore e della pecora perduta e ritrovata, Gesù si preoccupa di mostrare che, per il pastore, anche una sola pecora è tanto importante da indurlo a lasciare tutte le altre nel deserto, per andare a cercare l’unica che si è smarrita; e quando la ritrova, prova una grande gioia e vuole che la sua gioia sia condivisa (cfr Lc 15,4-7). Il pastore Gesù è la trasparenza dell’amore di Dio, che non abbandona nessuno, ma cerca tutti e ciascuno con passione. Tutte le scelte pastorali hanno la loro radice in quest’immagine evangelica di ardente missionarietà. Essa appartiene in modo tutto particolare alla parrocchia.
Nata come forma della comunità cristiana in grado di comunicare e far crescere la fede nella storia e di realizzare il carattere comunitario della Chiesa, la parrocchia ha cercato di dare forma al Vangelo nel cuore dell’esistenza umana. Essa è la figura più conosciuta della Chiesa per il suo carattere di vicinanza a tutti, di apertura verso tutti, di accoglienza per tutti. Nel cattolicesimo, in particolare in quello italiano, le parrocchie hanno indicato la "vita buona" secondo il Vangelo di Gesù e hanno sorretto il senso di appartenenza alla Chiesa. Con la sua struttura flessibile, la parrocchia è stata in grado, sia pure a volte con fatica, di rispondere alle trasformazioni sociali e alle diverse sensibilità religiose. A livello di parrocchia si coglie la verità di quanto afferma il Concilio Vaticano II, e cioè che "la Chiesa cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena" (Gaudium et Spes 40).
Oggi, però, questa figura di parrocchia si trova minacciata da due possibili derive: da una parte la spinta a fare della parrocchia una comunità "autoreferenziale", in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme, coltivando rapporti ravvicinati e rassicuranti; dall’altra la percezione della parrocchia come "centro di servizi" per l’amministrazione dei sacramenti, che dà per scontata la fede in quanti li richiedono. La consapevolezza del rischio non ci fa pessimisti: la parrocchia nel passato ha saputo affrontare i cambiamenti mantenendo intatta l’istanza centrale di comunicare la fede al popolo. Ciò tuttavia non è sufficiente ad assicurarci che anche nel futuro essa sarà in grado di essere concretamente missionaria.
Perché ciò accada, dobbiamo affrontare alcuni snodi essenziali. Il primo riguarda il carattere della parrocchia come figura di Chiesa radicata in un luogo: come intercettare "a partire dalla parrocchia" i nuovi "luoghi" dell’esperienza umana, così diffusi e dispersi? Altrettanto ci interroga la connotazione della parrocchia come figura di Chiesa vicina alla vita della gente: come accogliere e accompagnare le persone, tessendo trame di solidarietà in nome di un Vangelo di verità e di carità, in un contesto di complessità sociale crescente? E ancora, la parrocchia è figura di Chiesa semplice e umile, porta di accesso al Vangelo per tutti: in una società pluralista, come far sì che la sua "debolezza" aggregativa non determini una fragilità della proposta? E, infine, la parrocchia è figura di Chiesa di popolo, avamposto della Chiesa verso ogni situazione umana, strumento di integrazione, punto di partenza per percorsi più esigenti: ma come sfuggire al pericolo di ridursi a gestire il folklore religioso o il bisogno di sacro? Su questi interrogativi dobbiamo misurarci per riposizionare la parrocchia in un orizzonte più spiccatamente missionario.
[…] Nell’Eucaristia, dono di sé che Cristo offre per tutti, riconosciamo la sorgente prima, il cuore pulsante, l’espressione più alta della Chiesa che si fa missionaria partendo dal luogo della sua presenza tra le case degli uomini, dall’altare delle nostre chiese parrocchiali.
Dalla nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia
(30 maggio 2004)