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IL POPOLO n. 11 del 20.03.2022

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Verso l’assemblea sinodale
Azione cattolica diocesana
Un cammino di domande aperte

IL POPOLO

Verso l’assemblea sinodale

Azione cattolica diocesana

Un cammino di domande aperte


Come percorso sinodale, come Azione Cattolica diocesana, abbiamo pensato di affidare alcune domande proposte nel secondo quaderno del testo diocesano "Rimessi in cammino per un nuovo annuncio del Vangelo" ai singoli settori (Giovani e Adulti, all’ACR, al consiglio diocesano, ai presidenti parrocchiali e anche ai nostro soci impegnati nella amministrazioni comunali per raccogliere anche la loro esperienza.

In seguito raccoglieremo le risposte e faremo una sintesi da inviare alla segreteria diocesana del Sinodo.

Abbiamo scelto alcune domande generali per tutti:

12.1 Quali sono le domande e i bisogni importanti che cogliamo nel nostro tempo a partire da quanto accade (e con i quali la Chiesa dovrebbe confrontarsi);

12.2 Quali segni di Vita cogliamo. Dove scorgiamo l’azione e il richiamo dello Spirito in questo tempo;

19.1 Quali sono le sorgenti della nostra fede. Come alimentare il nostro sentirci comunità Chiesa, essere comunione, condivisione;

E alcune altre domande specifiche in base ai percorsi che ciascun settore (giovani/adulti) e l’ACR, il consiglio diocesano stanno svolgendo in quest’anno associativo o al tipo di esperienza (es. ai presidenti parrocchiali per promuovere il percorso sinodale nelle proprie associazioni) sulle seguenti tematiche:

- EVANGELIZZAZIONE: quali scelte fare per annunciare e trasmettere il Vangelo a partire dal coinvolgimento dei genitori,

-FAMIGLIE come le famiglie possono essere aiutate a vivere con più consapevolezza il dono ricevuto nel matrimonio a come mettersi in ascolto delle situazioni di "irregolarità" affettiva.

- GIOVANI: Quali proposte posso essere attuate dai giovani e per i giovani in una comunità cristiana, perché siano protagonisti della loro crescita umana, affettiva e spirituale e così possano scoprire il dono che Dio ha fatto loro per il bene del mondo

- AMBIENTE: cambiamenti climatici, le guerre in molte parti del mondo, provocano migrazioni di popoli di diverse culture e appartenenze religiose. Come la comunità cristiana si sente coinvolta, annunciando il Vangelo a partire dall’essere accogliente verso queste situazioni. Quale segni concreti porre perché il nostro essere cristiano sia in dialogo con tutti.

-FORME DI POVERTA’: come mantenere attenzione nei confronti di nuove forme di povertà che oggi minacciano la pace sociale e la dignità delle persone, di chi vive la malattia, il lutto

- TEMI "ETICI":Quali occasioni di dialogo e confronto creare fra quanti hanno diverse opinioni a livello etico, così diffuse e confuse nella società di oggi? Come la comunità cristiana può portare il suo contributo sereno ed evangelico dentro tali dialoghi?

- COMUNITA’ ECCLESIALE: Quali scelte fare nelle parrocchie per rendere i Consigli Pastorali Parrocchiali e i Consigli di Unità Pastorale luoghi di autentica e fattiva corresponsabilità?

Come la comunità ecclesiale e la società posso aiutare il vescovo a vivere l’essere segno di unità e di sollecitudine verso tutti, di modo che nessuno venga dimenticato o si senta emarginato?

Quali posso essere le priorità imprescindibili che ogni presbitero è chiamato a custodire e coltivare per il bene della Chiesa e, di conseguenza, quali mansioni, attività o impegni è necessario che tralasci?

Quale può essere oggi il contributo del cristiano e delle comunità ecclesiali alla formazione di una società più giusta ed equa per far maturare in tutti il senso di cittadinanza e partecipazione alla cosa pubblica?

I lavori sono in corso, ne raccoglieremo i risultati.

Paola Colussi

Presidente diocesana Azione Cattolica






Abbiamo pensato di

affidare alcune domande

proposte nel secondo

quaderno del testo

diocesano "Rimessi in

cammino per un nuovo

annuncio del Vangelo"ai

singoli settori (Giovani e

Adulti, all’ACR), al

consiglio diocesano, ai

presidenti parrocchiali e

anche ai nostro soci

impegnati nella

amministrazioni

comunaliper raccogliere

anche la loro esperienza.




In seguito

raccoglieremo

le risposte e faremo

una sintesi

da inviare

alla segreteria

diocesana

del Sinodo



Identità culturale, religione e fede una sinodalità possibile?


A molti è parso che il cammino sinodale voluto fermamente da Papa Francesco per tutta la Chiesa sia una delle sue fantasiose creazioni poco radicate nella realtà. Infatti ancora troppe persone, compresi membri del clero, resistono a lasciarsi coinvolgere dentro un’esperienza di Chiesa che oggi è necessario vivere per esistere. Diventa tanto più chiaro alla luce della guerra di questi giorni.

Non bastava il terribile dolore che si è abbattuto su milioni di persone, le più fortunate in fuga, ma in maniera ancora più sconvolgente, si vengono ad aggiungere le parole di un vescovo, primate di tutte le Russie, che sostiene la guerra e la giustifica con collegamenti che hanno poca familiarità con le basi della logica. A detta sua, infatti, la distruzione della vita umana, che è quello che cade sotto i nostri occhi, non è lo scopo voluto da questa guerra; piuttosto la guerra è contro la cultura imperante che vuole togliere ogni identità culturale ai popoli che si riconoscono in determinati valori additati come cristiani.

È chiaro a tutti che il ragionamento di questo vescovo è insostenibile e non si capisce come da una capo religioso, formato all’intelligenza del vangelo dell’inerme crocifisso, possano uscire parole che giustificano e sostengono la violenza. Cristianamente è inaccettabile e non vi è affermazione o esempio dato da Gesù che possa avvallare tali dichiarazioni, chiamate omelie.

Mai Gesù ha fatto suo lo stile della violenza e del procurare la morte. Mai!

Pur vestito da capo religioso, questo vescovo si è atteggiato a esperto politico, accusando genericamente il mondo occidentale di aver tradito le proprie radici cristiane. Infatti la nostra cultura avrebbe sostituto i valori di moralità fondati sulla legge divina con i disvalori di una cultura antropologicamente debole, perché incapace di chiamare i peccati con il proprio nome.

Non è la prima volta, nella storia del cristianesimo, che si vede usare l’appartenenza religiosa per coprire un problema di identità culturale. Questa si forma con la pazienza dello studio e dell’ascolto, non la prepotenza della violenza e delle armi.

La fede in Cristo può essere ridotta a un problema di appartenenza culturale?

Se l’essere cristiani è solo un problema di identità culturale, allora non ha più senso credere alla missione degli apostoli, alla cattolicità della Chiesa, alla paternità universale di Dio. Il vangelo, in duemila anni, è stato sempre principio di discernimento dentro ogni cultura, perché si impari a valutare tutto e a tenere ciò che è buono (1Tessalonicesi 5,21-22). È questo il primo principio della morale cristiana che si trova nel più antico testo scritto dall’apostolo Paolo.

La forma sinodale che papa Francesco intende dare a tutta la Chiesa vuole uscire dalle strettoie di un’identificazione tra fede in Cristo e cosiddette culture cristiane. Queste ultime esprimono la propria fede nel contesto dei propri codici culturali, ma la fede in Cristo è un dono per tutti. Se in nome della propria appartenenza religiosa o culturale si riuscisse a vanificare la croce di Cristo, dono gratuito della paternità di Dio per tutta l’umanità, allora qui non si fa il gioco di colui che vince, ma di colui che ha sempre perso. L’esperienza sinodale è una grande sfida che chiede a tutti i credenti di essere memoria non di tradizioni umane, ma di essere segni viventi del crocifisso risorto che non ha mai avuto paura di confrontarsi con nessuna persona né di fronteggiare alcun prodotto della mente umana. Le culture dei popoli e l’identità di ciascuna persona crescono con la luce mite del vangelo e con il calore della carità, non con il fuoco incrociato dei cannoni. Questa situazione ci spinge a metterci dentro, con maggior tenacia, dentro il cammino sinodale, perché, per noi che siamo ben al di qua del Volga, ignorare questo stile, oggi necessario, vuol dire rifiutare la possibilità di vivere il vangelo nel nostro tempo. E se non possiamo viverlo oggi, quando?

Maurizio Girolami

Segretario generale








Le parole del patriarca di tutte

le Russie lasciano sconcertati.

Non è la prima volta, nella storia

del cristianesimo, che si vede usare

l’appartenenza religiosa per coprire

un problema di identità culturale.

Ma mai Gesù ha fatto suo lo stile

della violenza e del procurare la

morte. Mai!



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