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  • Instrumentum Laboris | pastoralepn

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  • Calendari visita | pastoralepn

    Visita Pastorale 2017-2020 per info: Segretario generale, d. Andrea Vena - cell. 3491554726 visitapastoralepn@gmail.com CALENDARIO ​ CALENDARIO DELLA VISITA NELLE UNITÁ PASTORALI DELLA FORANIA DI PORDENONE (Visita conclusa) ​ CALENDARIO DELLA VISITA NELLE UNITÁ PASTORALI DELLA FORANIA DEL BASSO LIVENZA (Visita conclusa) ​ CALENDARIO DELLA VISITA NELLE UNITÁ PASTORALI DELLA FORANIA DI PORTOGRUARO (Visita conclusa) ​ CALENDARIO DELLA VISITA NELLE UNITÁ PASTORALI DELLA FORANIA DI SPILIMBERGO (Visita conclusa) ​ CALENDARIO DELLA VISITA NELLE UNITÁ PASTORALI DELLA FORANIA DI AZZANO X (Visita conclusa) ​ CALENDARIO DELLA VISITA NELLE UNITÁ PASTORALI DELLA FORANIA DI ALTO LIVENZA (marzo-giugno 2020) ​ CALENDARIO DELLA VISITA NELLE UNITÁ PASTORALI DELLA FORANIA DI MANIAGO (luglio-ottobre 2020) ​ CALENDARIO DELLA VISITA NELLE UNITÁ PASTORALI DELLA FORANIA DI SAN VITO (novembre-dicembre 2020) ​

  • IL POPOLO n. 24 del 13.06.2021

    < Back IL POPOLO n. 24 del 13.06.2021 IL POPOLO ​ Al lavoro per l’assemblea sinodale La cabina di regia: un "pensatoio" di trenta membri scelti dal Vescovo e dal Consiglio episcopale Al lavoro per l’assemblea sinodale La cabina di regia: un "pensatoio" di trenta membri scelti dal Vescovo e dal Consiglio episcopale Come sappiamo, il cammino dell’Assemblea Sinodale è cominciato ufficialmente lo scorso 10 aprile. Negli articoli che sono stati pubblicati su Il Popolo durante il mese di maggio, abbiamo appreso che questo sarà un percorso lungo, con dei ritmi di marcia precisi che passeranno dall’ascolto del territorio al confronto tra tutti i membri delle nostre comunità parrocchiali e - ci auguriamo - portino ad una riflessione che possa generare processi nuovi all’interno della nostra amata chiesa. Da qualche settimana è cominciata la distribuzione dei due quaderni di lavoro. Il primo, detto orientamenti, è uno strumento di riflessione teologica che ci permette di entrare bene nel tema "Rimessi in cammino per un nuovo annuncio del Vangelo". Il secondo è lo strumento che accompagnerà tutta la fase di ascolto, dove vengono presentate i quattro punti nodali che fanno da base perché si generino più ampi confronti. Tutto questo materiale, come anche tutto ciò che verrà più avanti, è frutto di una condivisione e di un lavoro condiviso tra la Presidenza dell’Assemblea e la Segreteria Generale costituita proprio per generare un "pensatoio", un luogo di confronto, una cabina di regia che prepara e accompagna i lavori dell’Assemblea durante tutto il cammino. Si tratta di 30 membri, scelti dal vescovo e dal suo Consiglio Episcopale. E’ costituita da sacerdoti e laici, religiosi e religiose, tra i laici ci sono famiglie, adulti e giovani. Tutti scelti non solo per il servizio che attualmente svolgono nelle proprie realtà parrocchiali o diocesane, ma anche per l’esperienza e la passione con cui vivono la propria fede. Una cosa li accomuna tutti: il desiderio grande di aiutare la chiesa a proseguire il proprio cammino, generando processi nuovi, aiutandola a percorrere nuovi sentieri che attendono il suo passaggio. Con suo decreto, il vescovo li ha nominati e poi ha comunicato pubblicamente le loro disponibilità. Tutti loro hanno accolto con entusiasmo e grande senso di responsabilità questo incarico, mostrando sin da subito profondità di vedute e coraggio evangelico. La Commissione si è riunita per la prima volta lo scorso 15 marzo, purtroppo solo in video conferenza, poiché ci trovavamo in piena zona rossa, e poi una seconda volta a fine aprile in modalità mista tra presenze reali e presenza virtuali. L’augurio è che il prossimo incontro possa celebrare anche un ritorno alla modalità che più ci piace: lo stare insieme! Certo, ci siamo chiesti più volte - e se lo saranno chiesti anche altri - se fosse opportuno dare inizio a questo cammino in un periodo storico così difficile per l’umanità. Nel discernimento non ha prevalso la "voglia di fare" a tutti i costi, piuttosto l’urgenza di sottolineare che quel "rimessi in cammino" era già in atto. La pandemia ha arrestato certamente le attività di tutti ma non ha interrotto il cammino della chiesa che, come accaduto ai discepoli di Emmaus, è in cammino verso Gerusalemme. Lo era prima della pandemia e lo è anche durante! Un cammino che mi piace definire "senza fretta ma senza sosta". Nessuno ha fretta di arrivare primo o di precedere altri. La Timeline ovvero la linea del tempo tracciata è solo indicativa, cioè indica la direzione e le tappe ma per i tempi sappiamo che "Ciò che cresce lentamente mette radici profonde", come ci insegna la saggezza dei popoli Bantu. Ma al di là di ogni possibile ragionamento ciò che ci auguriamo di vero cuore è che tutti i fedeli delle nostre comunità possano sentire questa come un’occasione per parlare, confrontarsi anche su argomenti spinosi e dare suggerimenti o tracciare linee perché con metodo sinodale si possa generare e poi attuare un cambiamento. Alex Zappalà Sono in distribuzione due quaderni di lavoro Il primo, detto orientamenti, è uno strumento di riflessione teologica che ci permette di entrare bene nel tema "Rimessi in cammino per un nuovo annuncio del Vangelo". Il secondo è lo strumento che accompagnerà tutta la fase di ascolto, dove vengono presentate i quattro punti nodali che fanno da base perché si generino più ampi confronti Dal discorso del Santo Padre Francesco ai membri del collegio cardinalizio e della curia romana per la presentazione degli auguri natalizi (21 dicembre 2021) Parole guida dal Magistero di papa Francesco Dio continua a far crescere i semi del suo Regno in mezzo a noi Fratelli e sorelle, questa riflessione sulla crisi ci mette in guardia dal giudicare frettolosamente la Chiesa in base alle crisi causate dagli scandali di ieri e di oggi […] Una lettura della realtà senza speranza non si può chiamare realistica. La speranza dà alle nostre analisi ciò che tante volte i nostri sguardi miopi sono incapaci di percepire. Dio continua a far crescere i semi del suo Regno in mezzo a noi. […] Anche il nostro tempo ha i suoi problemi, ma ha anche la testimonianza viva del fatto che il Signore non ha abbandonato il suo popolo, con l’unica differenza che i problemi vanno a finire subito sui giornali - questo è di tutti i giorni - invece i segni di speranza fanno notizia solo dopo molto tempo, e non sempre. Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l’autopsia di un cadavere: guarda la crisi, ma senza la speranza del Vangelo, senza la luce del Vangelo. Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi.E’ il Vangelo che ci mette in crisi. Ma se troviamo di nuovo il coraggio e l’umiltà di dire ad alta voce che il tempo della crisi è un tempo dello Spirito, allora, anche davanti all’esperienza del buio, della debolezza, della fragilità, delle contraddizioni, dello smarrimento, non ci sentiremo più schiacciati, ma conserveremo costantemente un’intima fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio. "Perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore" (Sir 2,5). Infine, io vorrei esortarvi a non confondere la crisi con il conflitto: sono due cose diverse. La crisi generalmente ha un esito positivo, mentre il conflitto crea sempre un contrasto, una competizione, un antagonismo apparentemente senza soluzione fra soggetti divisi in amici da amare e nemici da combattere, con la conseguente vittoria di una delle parti. La logica del conflitto cerca sempre i "colpevoli" da stigmatizzare e disprezzare e i "giusti" da giustificare per introdurre la consapevolezza - molte volte magica - che questa o quella situazione non ci appartiene. Questa perdita del senso di una comune appartenenza favorisce la crescita o l’affermarsi di certi atteggiamenti di carattere elitario e di "gruppi chiusi" che promuovono logiche limitative e parziali, che impoveriscono l’universalità della nostra missione. "Quando ci fermiamo nella congiuntura conflittuale, perdiamo il senso dell’unità profonda della realtà" (Esort. ap. Evangeliigaudium, 226). La Chiesa, letta con le categorie di conflitto - destra e sinistra, progressisti e tradizionalisti - frammenta, polarizza, perverte, tradisce la sua vera natura: essa è un Corpo perennemente in crisi proprio perché è vivo, ma non deve mai diventare un corpo in conflitto, con vincitori e vinti. Infatti, in questo modo diffonderà timore, diventerà più rigida, meno sinodale, e imporrà una logica uniforme e uniformante, così lontana dalla ricchezza e pluralità che lo Spirito ha donato alla sua Chiesa. La novità introdotta dalla crisi voluta dallo Spirito non è mai una novità in contrapposizione al vecchio, bensì una novità che germoglia dal vecchio e lo rende sempre fecondo. Gesù usa un’espressione che esprime in maniera semplice e chiara questo passaggio: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). L’atto di morire del seme è un atto ambivalente, perché nello stesso tempo segna la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro. Chiamiamo lo stesso momento morte-marcire e nascita-germogliare perché sono la medesima cosa: davanti ai nostri occhi vediamo una fine e allo stesso tempo in quella fine si manifesta un nuovo inizio. In questo senso, tutte le resistenze che facciamo all’entrare in crisi lasciandoci condurre dallo Spirito nel tempo della prova ci condannano a rimanere soli e sterili, al massimo in conflitto. Difendendoci dalla crisi, noi ostacoliamo l’opera della Grazia di Dio che vuole manifestarsi in noi e attraverso di noi. Perciò, se un certo realismo ci mostra la nostra storia recente solo come la somma di tentativi non sempre riusciti, di scandali, di cadute, di peccati, di contraddizioni, di cortocircuiti nella testimonianza, non dobbiamo spaventarci, e neppure dobbiamo negare l’evidenza di tutto quello che in noi e nelle nostre comunità è intaccato dalla morte e ha bisogno di conversione. Tutto ciò che di male, di contraddittorio, di debole e di fragile si manifesta apertamente ci ricorda con ancora maggior forza la necessità di morire a un modo di essere, di ragionare e di agire che non rispecchia il Vangelo. Solo morendo a una certa mentalità riusciremo anche a fare spazio alla novità che lo Spirito suscita costantemente nel cuore della Chiesa. I Padri della Chiesa erano consapevoli di questo, che chiamavano "la metanoia". Sotto ogni crisi c’è sempre una giusta esigenza di aggiornamento: è un passo avanti. Ma se vogliamo davvero un aggiornamento, dobbiamo avere il coraggio di una disponibilità a tutto tondo. Papa Francesco Una lettura della realtà senza speranza non si può chiamare realistica. La speranza dà alle nostre analisi ciò che tante volte i nostri sguardi miopi sono incapaci di percepire Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelosi limita a fare l’autopsia di un cadavere... Previous Next

  • Calendario.Spilimbergo | pastoralepn

    CALENDARIO DI FORANIA ​ ​ ​ ​ CALENDARIO DELLE SINGOLE PARROCCHIE ​ ​ I servizi de IL POPOLO

  • IL POPOLO n. 19 del 09.05.2021

    < Back IL POPOLO n. 19 del 09.05.2021 IL POPOLO ​ L’assemblea sinodale: cos’è Una Chiesa di tutti i battezzati in cammino e in ascolto reciproco L’assemblea sinodale: cos’è Una Chiesa di tutti i battezzati in cammino e in ascolto reciproco Trattandosi del cammino di un corpo in movimento, qual è la Chiesa diocesana, non si può pretendere di avere già tutto chiaro e pronto. Il mettersi in cammino implica l’accettazione di una certa dose di precarietà che non va confusa con la debolezza. Piuttosto è duttilità, che è apertura all’inedito dello Spirito Santo sempre pronto a soccorrere chi lo invoca. Si chiama ’assemblea’ per questo . Come insegna la Scrittura, nell’esperienza di essere ’assemblea’ che loda e prega, il Signore si rende manifesto e rende tangibili i suoi prodigi. Quanto ci apprestiamo a vivere come Diocesi non vuole essere propriamente un Sinodo . Questa è un’istituzione che affonda le sue più antiche radici nel II secolo, quando i primi vescovi dell’Asia minore - l’attuale Turchia, culla del cristianesimo nascente - si riunivano per discutere e trovare soluzioni comuni a singoli problemi. Nel tempo tale esperienza ha avuto edizioni diverse fino ad ottenere una odierna codificazione ben articolata con norme bilanciate e vincoli precisi. La stessa parola Sinodo, sia in greco che in latino, viene tradotta ’Concilio’ e designa la riunione dei vescovi della Chiese che fanno il punto della situazione sulla salute della vita ecclesiale nel loro tempo. L’ultima esperienza è stata quella del Vaticano II che ha ancora tanto da insegnare e i cui testi chiedono di essere studiati, approfonditi e applicati in modo ancor più deciso. Paolo VI ha voluto mantenere lo spirito di quell’evento straordinario istituendo i Sinodi dei vescovi che si riuniscono puntualmente, ormai da più di cinquant’anni, su singoli problemi della Chiesa. Nel 2022 papa Francesco ha posto come tema il senso di sinodalità della Chiesa. Se dovessimo tradurre in termini più che semplificati: un sinodo per capire come la Chiesa può essere permanentemente sinodo. L’esperienza di cammino ecclesiale che il nostro vescovo Giuseppe ci chiede è invece un’assemblea sinodale , dove si vuole arrivare a prendere decisioni, ma con un metodo, appunto sinodale, che non riguardi solo chi ha qualche compito nella vita della Chiesa, ma riesca a coinvolgere tutto il popolo di Dio, e anche chi non ne fa parte, per mettersi in quell’atteggiamento di ascolto profondo, disponibile e cordiale ad ogni sussurro dello Spirito Santo. In questo senso l’assemblea sinodale non può essere confusa con un’assemblea sindacale o come un’edizione di una qualche esperienza democratica di qualche nazione. Non si tratta di dar voce a partiti e fazioni , né si tratta di trovare maggioranze e alleanza frutto di tatticismi che nulla hanno a che fare la strategia potente e superiore dello Spirito, che sa creare armonia tra le differenze e sa comporre in unità i carismi più diversi. L’Assemblea sinodale vuole essere esperienza dello Spirito nel nostro oggi culturale e sociale, perché ogni persona si senta coinvolta nell’opera di evangelizzazione. Non c’è uno che ascolta e prende appunti per gli altri. Piuttosto tutti, ascoltandosi, sono chiamati a prendere consapevolezza del dono che ciascuno è per gli altri e, insieme, trovare le soluzioni più opportune perché i doni non vengano dispersi, ma raccolti e composti in un’unità superiore. Perciò, come insegna il Papa nella EvangeliiGaudium , la realtà, che già c’è, illuminata dallo Spirito e accolta nell’ascolto reciproco, è più grande dell’idea che può venire dal singolo, per quanto acculturato o carico di autorità. Tutti siamo chiamati a metterci in ascolto di quanto lo Spirito suggerisce alla nostra Chiesa, perché ciascuno faccia la sua parte ad edificare il corpo di Cristo che, come ricorda San Paolo in 1Cor 12, è fatto di diverse membra con diverse funzioni. Accogliere l’invito a vivere l’Assemblea sinodale è un modo significativo per testimoniare il vangelo di Gesù offerto a tutti, perché ciascuno possa diventare dono per la Chiesa e per il mondo Maurizio Girolami Segretario generale Il mettersi in cammino implica l’accettazione di una certa dose di precarietà che non va confusa con la debolezza. Piuttosto è duttilità, che è apertura all’inedito dello Spirito Santo sempre pronto a soccorrere chi lo invoca L’esperienza di cammino ecclesiale che il nostro vescovo Giuseppe ci chiede è un’assemblea sinodale, dove si vuole arrivare a prendere decisioni, ma con un metodo, appunto sinodale, che non riguardi solo chi ha qualche compito nella vita della Chiesa DAL DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO (17 OTTOBRE 2015) Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi "Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. Quello che il Signore ci chiede , in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola "Sinodo". Camminare insieme- Laici, Pastori, Vescovo di Roma - è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica. Dopo aver ribadito che il Popolo di Dio è costituito da tutti i battezzati chiamati a" formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo", Il Concilio Vaticano II proclama che "la totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo (cfr 1 Gv 2,20.27),non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso "I soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando "dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici "mostra l’universale suo consenso in cose di fede e dimorale". Quel famoso infallibile "in credendo". Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium ho rilevato come "il Popolo di Dio è santo in ragione di quest’unzione che lo rende infallibile in credendo", aggiungendo che "ciascun Battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado d’istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare a uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del Popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni". Il sensusfidei impedisce di separare rigidamente tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens, giacché anche il Gregge possiede un proprio "fiuto" per discernere le nuove strade che il Signore di schiude alla Chiesa[…]. Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto , nella consapevolezza che ascoltare "è più che sentire". È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare.[…]La sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico. Se capiamo che, come dice san Giovanni Crisostomo, " Chiesa e Sinodo sono sinonimi "[19] – perché la Chiesa non è altro che il "camminare insieme" del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore- capiamo pure che al suo interno nessuno può essere "elevato" al di sopra degli altri. Al contrario, nella Chiesa è necessario che qualcuno "si abbassi" per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino. Gesù ha costituito la Chiesa ponendo al suo vertice, il Collegio apostolico, nel quale l’apostolo Pietro è la "roccia" (cfr Mt 16,18), colui che deve "confermare" i fratelli nella fede (cfr Lc 22,32). Ma in questa Chiesa, come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base. Per questo coloro che esercitano l’autorità si chiamano "ministri": perché, secondo il significato originario della parola, sono i più piccoli tra tutti. È servendo il Popolo di Dio che ciascun Vescovo diviene, perla porzione del Gregge a lui affidata, vicarius Christi [20], vicario di quel Gesù che nell’ ultima cena si è chinato a lavare i piedi degli apostoli (cfrGv 13,1-15).E, in un simile orizzonte, lo stesso Successore di Pietro altri non è che il servusservorum Dei [21].Non dimentichiamolo mai! Per i discepoli di Gesù, ieri oggi e sempre, l’unica autorità è l’autorità del servizio , l’unico potere è il potere della croce, secondo le parole del Maestro: "Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo"(Mt20,25-27). Tra voi non sarà così: in quest’espressione raggiungiamo il cuore stesso del mistero della Chiesa- "tra voi non sarà così" – e riceviamo la luce necessaria per comprendere il servizio gerarchico". Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola "Sinodo". Camminare insieme - Laici, Pastori, Vescovo di Roma - è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica Previous Next

  • IL POPOLO n. 36 del 26.09.2021

    < Back IL POPOLO n. 36 del 26.09.2021 IL POPOLO ​ Verso l’Assemblea sinodale Adulti o adultescenti? Cosa sta accadendo al mondo dei grandi? Verso l’Assemblea sinodale Adulti o adultescenti? Cosa sta accadendo al mondo dei grandi? Realtà o finzione? Gli adulti rappresentati nei film fuggono dalle loro responsabilità genitoriali, antepongono a qualsiasi altra cosa la ricerca della loro (presunta) felicità, indossano maschere di facciata per nascondere comportamenti o cedimenti adolescenziali. Solo caricature o le commedie fotografano stili di vita e modelli esistenziali ormai diffusi e radicati? E’ di pochi giorni fa l’ennesimo passaggio televisivo di un film del 2017 firmato da Riccardo Milani e intitolato Mamma o papà in cui due genitori in procinto di divorzio negoziano col giudice l’affidamento dei tre figli e fanno tutto il possibile affinché venga assegnato all’altro/a coniuge. La trama si sviluppa insomma attorno all’improbabile (chissà poi quanto) situazione in cui i genitori cercano letteralmente di liberarsi dall’impegno genitoriale perché gravoso e di ostacolo ai loro progetti professionali e di vita. Di qualche anno prima (2009) è il film Ex , diretto da Fausto Brizzi e anch’esso costruito attorno a una vicenda di separazione e al contrappasso dagli stretti vincoli coniugali e all’agognata sbornia di libertà post-matrimoniale. Perfetti sconosciuti , pellicola del 2016 di Paolo Genovese è ormai considerata un cult-movie, anche in ragione del primato di film con il maggior numero di remake nella storia del cinema: un gruppo di amici adulti durante una cena improvvisa un pericoloso gioco in cui ciascuno accetta di rendere pubbliche agli altri commensali le proprie telefonate, i propri SMS, le proprie chat di What’sApp. L’esito sarà tragico. Sono sufficienti questi tre esempi di successi al botteghino (ma tanti altri se ne potrebbero fare) per domandarsi se si tratti di spaccati di realtà o pura finzione cinematografica. Gli adulti rappresentati in questi film fuggono dalle loro responsabilità genitoriali , antepongono a qualsiasi altra cosa la ricerca della loro (presunta) felicità, indossano maschere di facciata per nascondere comportamenti o cedimenti adolescenziali. Si tratta solo di caricature, volutamente accentuate per far divertire lo spettatore, o le commedie, come spesso accade, non fanno altro che fotografare con la giusta dose di ironia stili di vita e modelli esistenziali oramai diffusi e radicati? Passando dal faceto al serio, il noto costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ha pubblicato qualche anno fa un pamphlet dal titolo inequivocabile - Senza adulti (Einaudi, 2016) - in cui denuncia il pericolo della scomparsa dell’età matura e della pienezza in nome dell’incessante esaltazione della giovinezza. Il sociologo Stefano Laffi ha analizzato la cosiddetta "condizione giovanile" individuando negli adulti e nella loro crisi di identità i principali responsabili del disorientamento dei millennials (La congiura contro i giovani. Crisi degli adulti e riscatto delle nuove generazioni , Feltrinelli, 2014). L’antropologo Marco Aime e lo psicologo Gustavo PietropolliCharmet hanno riflettuto sulla dilagante somiglianza fra adolescenti e adulti (negli atteggiamenti come nei costumi) e si sono domandati come sia possibile "diventare grandi" in un mondo dove non esistono più conflitti generazionali (La fatica di diventare grandi. La scomparsa dei riti di passaggio , Einaudi, 2014). Anche in questo caso la rassegna potrebbe essere ben più ampia, ma già le poche fonti appena citate, decisamente più autorevoli delle commedie da cui siamo partiti, cominciano a fornire qualche indizio in più su quella che potremmo definire una "crisi della condizione adulta" dai contorni multiprospettici: giuridici, antropologici, sociologici e psicologici. Negli anni Ottanta, dunque in tempi non sospetti, lo psicologo americano Dan Kiley aveva già tratteggiato le caratteristiche di questa crisi identitaria elaborando la nota "Sindrome di Peter Pan" , considerata da qualcuno una sorta di attualizzazione del pueraeternus di ovidiana memoria. Oggi si tende piuttosto a parlare di adultescenza , termine entrato nel vocabolario della lingua italiana nel 2014 e che riassume nella crasi linguistica fra "adulto" e "adolescente" tutte le contraddizioni dell’immaturità di chi, invece, sarebbe atteso da compiti di responsabilità. La prima di queste responsabilità non può che essere quella educativa , perché dietro la scomparsa degli adulti si cela il rischio - ahinoi - di una tragedia pedagogica: sono educativamente tragiche le situazioni in cui i genitori delegano sistematicamente le loro funzioni e i loro doveri ad altri salvo poi criticarne l’operato, sconfessando patti e alleanze comunitarie (prima fra tutte quella con la scuola); sono educativamente tragici i modi di vivere l’adultità secondo canoni giovanili (o giovanilistici) per sentirsi ancora legittimati alla sperimentazione, alla ricerca del limite, a smarcarsi facilmente da legami affettivi e amorosi; sono educativamente tragiche, infine, tutte quelle circostanze in cui la relazione asimmetrica genitori-figli si tramuta in forme di complicità che non sono mai "avanguardia pedagogica", ma solo comodi escamotage per evitare sul nascere ogni forma di conflitto o disapprovazione. Non è certo l’occasione di un’Assemblea sinodale diocesana a poter risolvere simili emergenze educative, ammesso che delle soluzioni esistano; di sicuro, una Chiesa capace di situarsi nella società di oggi, fra le sue pieghe e contraddizioni, non può trascurarle. Il primo quaderno preparatorio all’Assemblea dell’aprile scorso aveva puntualmente registrato "lo stordimento e lo smarrimento delle nuove generazioni senza padri e madri, la frammentarietà e deresponsabilizzazione di tanti adulti" (p. 16). Ora - in piena armonia con lo spirito sinodale che ci accompagna - si tratta di tradurre l’osservazione in progettualità assembleare e capire attraverso quali spazi dell’azione pastorale diocesana arginare la diffusione di stili adultescenti per risintonizzare il mondo degli adulti sui compiti di magistralità, responsabilità e testimonianza che è lecito attendersi da loro. Matteo Cornacchia Dal Discorso del Santo Padre ai fedeli della Diocesi di Roma 18 settembre 2021 Il significato di una Chiesa sinodale Chiesa sinodale significa Chiesa sacramento di questa promessa - cioè che lo Spirito sarà con noi - che si manifesta coltivando l’intimità con lo Spirito e con il mondo che verrà. Ci saranno sempre discussioni, grazie a Dio, ma le soluzioni vanno ricercate dando la parola a Dio e alle sue voci in mezzo a noi; pregando e aprendo gli occhi a tutto ciò che ci circonda; praticando una vita fedele al Vangelo; interrogando la Rivelazione secondo un’ermeneutica pellegrina che sa custodire il cammino cominciato negli Atti degli Apostoli. E questo è importante: il modo di capire, di interpretare. Un’ermeneutica pellegrina, cioè che è in cammino. Il cammino che è incominciato dopo il Concilio? No. È incominciato con i primi Apostoli, e continua. Quando la Chiesa si ferma, non è più Chiesa , ma una bella associazione pia perché ingabbia lo Spirito Santo. Ermeneutica pellegrina che sa custodire il cammino incominciato negli Atti degli Apostoli. Diversamente si umilierebbe lo Spirito Santo. Gustav Mahler - questo l’ho detto altre volte - sosteneva che la fedeltà alla tradizione non consiste nell’adorare le ceneri ma nel custodire il fuoco. Io domando a voi: "Prima di incominciare questo cammino sinodale , a che cosa siete più inclini: a custodire le ceneri della Chiesa, cioè della vostra associazione, del vostro gruppo, o a custodire il fuoco? Siete più inclini ad adorare le vostre cose, che vi chiudono - io sono di Pietro, io sono di Paolo, io sono di questa associazione, voi dell’altra, io sono prete, io sono Vescovo - o vi sentite chiamati a custodire il fuoco dello Spirito? È stato un grande compositore, questo Gustav Mahler, ma è anche maestro di saggezza con questa riflessione. Dei Verbum (n. 8) , citando la Lettera agli Ebrei, afferma: ""Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri" (Eb 1,1), non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio". C’è una felice formula di San Vincenzo di Lérins che, mettendo a confronto l’essere umano in crescita e la Tradizione che si trasmette da una generazione all’altra, afferma che non si può conservare il "deposito della fede" senza farlo progredire: "consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età" (Commonitoriumprimum, 23,9) - "ut annisconsolidetur, dilatetur tempore, sublimeturaetate". Questo è lo stile del nostro cammino: le realtà, se non camminano, sono come le acque. Le realtà teologiche sono come l’acqua: se l’acqua non scorre ed è stantia è la prima a entrare in putrefazione. Una Chiesa stantia incomincia a essere putrefatta. Vedete come la nostra Tradizione è una pasta lievitata , una realtà in fermento dove possiamo riconoscere la crescita, e nell’impasto una comunione che si attua in movimento: camminare insieme realizza la vera comunione. È ancora il libro degli Atti degli Apostoli ad aiutarci , mostrandoci che la comunione non sopprime le differenze. È la sorpresa della Pentecoste, quando le lingue diverse non sono ostacoli: nonostante fossero stranieri gli uni per gli altri, grazie all’azione dello Spirito "ciascuno sente parlare nella propria lingua nativa" (At 2,8). Sentirsi a casa, differenti ma solidali nel cammino. Scusatemi la lunghezza, ma il Sinodo è una cosa seria, e per questo io mi sono permesso di parlare… Tornando al processo sinodale, la fase diocesana è molto importante , perché realizza l’ascolto della totalità dei battezzati, soggetto del sensusfidei infallibile in credendo . Papa Francesco Previous Next

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    PRIMO INCONTRO DEI DELEGATI DELL'ASSEMBLEA SINODALE DIOCESANA SECONDO INCONTRO DEI DELEGATI DELL'ASSEMBLEA SINODALE DIOCESANA RELAZIONE FINALE PROGETTO #TIASCOLTO

  • IL POPOLO n. 22 del 30.05.2021

    < Back IL POPOLO n. 22 del 30.05.2021 IL POPOLO ​ Assemblea sinodale: i temi Sono quattro: essere chiesa in uscita la valorizzazione del battesimo la pastorale integrata e i ministeri laicali Assemblea sinodale: i temi Sono quattro: essere chiesa in uscita la valorizzazione del battesimo la pastorale integrata e i ministeri laicali Lo scorso 30 gennaio il Santo Padre, incontrando l’Ufficio Catechistico Nazionale, ha messo a fuoco alcuni elementi essenziali per l’annuncio del vangelo nel nostro tempo. Tali priorità sono state ben confermate dalla promulgazione della sua lettera apostolica dello scorso 11 maggio, con la quale istituisce il ministero del catechista. La presa di posizione del Papa è il più alto riconoscimento che si poteva dare ad un servizio che non risulta più ausiliario al compito di insegnamento dei vescovi e dei preti, ma è essenziale per la vita stessa della Chiesa e per il compimento della vocazione cristiana. Al centro c’è il vangelo di Gesù, che è la sua stessa persona. Cristo è un dono per tutti. Egli tutti chiama a seguirlo e a servirlo perché ciascuno, con i propri talenti, aiuti a comporre il corpo della sua Chiesa che nel mondo è chiamata ad essere segno concreto, visibile, efficace del suo amore per tutti gli uomini. L’Assemblea sinodale che stiamo vivendo vuole mettere al centro dell’attenzione quattro temi fondamentali, senza che questi siano esclusivi di altri che potranno emergere dall’ampio confronto che faremo in questi mesi fino ad ottobre. I primi due sono legati: essere Chiesa in uscita nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo e il battesimo come sorgente della fede. Anche gli ultimi due temi sono legati: si tratta delle scelte audaci da compiere per il rinnovamento di una pastorale integrata e un ripensamento dei ministeri ordinati e laicali a servizio della comunione nella vita della Chiesa. Gli ultimi due temi ci mettono di fronte alle sfide più immediate che siamo chiamati ad affrontare: numero di parrocchie, funzionamento delle unità pastorali, distribuzione del clero, corresponsabilità di tutti i battezzati alla edificazione della Chiesa. I primi due costituiscono la base indispensabile per fare le scelte più opportune. Infatti quale comunità cristiana e quale iniziativa pastorale possono mai realizzarsi se non si dà per presupposta la consapevolezza e il gioioso impegno nel vivere il proprio battesimo? E come poterlo vivere al meglio se risultiamo dei disadattati in un mondo che non riconosce più la presenza cristiana come importante? Accogliere il vangelo di Gesù chiede di essere molto attenti alla realtà. Essa è creata da Dio e chiede di essere conosciuta e amata. E più volte il Papa, a partire da Evangelii Gaudium, ricorda che la realtà è più grande dell’idea. Solo imparando a conoscere e ad amare la realtà nella quale si vive il vangelo di Gesù può diventare luce che sa dare valore a tutte le cose. Ma non vi è vangelo senza coloro che lo portano nel mondo con la propria testimonianza visibile e credibile. Perciò uno dei principali scopi del metodo sinodale è di rendere ciascuno consapevole del dono ricevuto nel battesimo, che ha aperto la possibilità di vivere la vita nella fede e nella grazia di Cristo. Consapevolezza che, una volta chiarita, diventa risposta libera e generosa alla chiamata di Cristo. I problemi della Chiesa non sono innanzitutto la scarsità di clero e il mal funzionamento delle strutture pastorali, ma la mancanza di cristiani convinti e innamorati del vangelo di Gesù che chiede di poter diventare luce in ogni ambiente e in ogni situazione umana. Senza vangelo la vita può presto diventare triste e insignificante. Senza la presenza di Gesù diventiamo più poveri di Dio e dell’uomo. Sì, dell’uomo. Di quella sua umanità bella, serena e riconciliata che sa donare forza nello sconforto e sa essere carità in mezzo alle ingiustizie e alle lotte fratricide. Viviamo l’assemblea sinodale partendo dal battesimo, non solo per dialogare e confrontarsi, ma per costruire qualcosa assieme, per riscoprire che gli uomini, chiamati da Dio a fare parte della medesima famiglia, possono dare il meglio di sé e possono diventare l’uno per l’altra immagine e riflesso di quell’amore eterno nel quale noi tutti siamo creati. In questo senso l’Assemblea diventa un momento di ascolto dello Spirito dove la vita, quella nostra, quella del nostro tempo, grazie all’impegno di ciascuno, diventa più facile da amare e da servire. Perché così sarà più vicina quella salvezza che Cristo è venuto a portare per tutti gli uomini. Maurizio Girolami Segretario generale Parole guida dal Magistero di papa Francesco ai Catechisti La catechesi è l’onda lunga della parola di Dio "Chi è il catechista? È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio" Vorrei condividere tre punti che spero possano aiutarvi nei lavori dei prossimi anni. Il primo: catechesi e kerygma. La catechesi è l’eco della Parola di Dio. Nella trasmissione della fede la Scrittura - come ricorda il Documento di Base - è "il Libro; non un sussidio, fosse pure il primo" (CEI, Il rinnovamento della catechesi, n. 107). La catechesi è dunque l’onda lunga della Parola di Dio per trasmettere nella vita la gioia del Vangelo. Grazie alla narrazione della catechesi, la Sacra Scrittura diventa "l’ambiente" in cui sentirsi parte della medesima storia di salvezza, incontrando i primi testimoni della fede. La catechesi è prendere per mano e accompagnare in questa storia. Suscita un cammino, in cui ciascuno trova un ritmo proprio, perché la vita cristiana non appiattisce né omologa, ma valorizza l’unicità di ogni figlio di Dio. La catechesi è anche un percorso mistagogico, che avanza in costante dialogo con la liturgia, ambito in cui risplendono simboli che, senza imporsi, parlano alla vita e la segnano con l’impronta della grazia. Il cuore del mistero è il kerygma, e il kerygma è una persona: Gesù Cristo. La catechesi è uno spazio privilegiato per favorire l’incontro personale con Lui. Perciò va intessuta di relazioni personali. Non c’è vera catechesi senza la testimonianza di uomini e donne in carne e ossa. Chi di noi non ricorda almeno uno dei suoi catechisti? Io lo ricordo: ricordo la suora che mi ha preparato alla prima Comunione e mi ha fatto tanto bene. I primi protagonisti della catechesi sono loro, messaggeri del Vangelo, spesso laici, che si mettono in gioco con generosità per condividere la bellezza di aver incontrato Gesù. "Chi è il catechista? È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in sé stesso - è un "memorioso" della storia della salvezza - e la sa risvegliare negli altri. È un cristiano che mette questa memoria al servizio dell’annuncio; non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore, della sua fedeltà" (Omelia per la giornata dei catechisti nell’Anno della Fede, 29 settembre 2013). Per fare questo, è bene ricordare "alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa - tu sei amato, tu sei amata, questo è il primo, questa è la porta -, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà - come faceva Gesù -, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, e un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio - e quali sono queste disposizioni che ogni catechista deve avere? -: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna" (Esort. ap. Evangeliigaudium, 165). Gesù aveva questo. È l’intera geografia dell’umanità che il kerygma, bussola infallibile della fede, aiuta a esplorare. E su questo punto - il catechista - riprendo una cosa che va detta anche ai genitori, ai nonni: la fede va trasmessa "in dialetto". Un catechista che non sa spiegare nel "dialetto" dei giovani, dei bambini, di coloro che… Ma con il dialetto non mi riferisco a quello linguistico, di cui l’Italia è tanto ricca, no, al dialetto della vicinanza, al dialetto che possa capire, al dialetto dell’intimità. A me tocca tanto quel passo dei Maccabei, dei sette fratelli (2 Mac 7). Per due o tre volte si dice che la mamma li sosteneva parlando loro in dialetto ["nella lingua dei padri"]. È importante: la vera fede va trasmessa in dialetto. I catechisti devono imparare a trasmetterla in dialetto, cioè quella lingua che viene dal cuore, che è nata, che è proprio la più familiare, la più vicina a tutti. Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per quanto fate. Vi invito a continuare a pregare e a pensare con creatività a una catechesi centrata sul kerygma, che guardi al futuro delle nostre comunità, perché siano sempre più radicate nel Vangelo, comunità fraterne e inclusive. Vi benedico, vi accompagno. E voi, per favore, pregate per me, ne ho bisogno. Grazie! Dal discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della Cei, 30 gennaio 2021 Previous Next

  • Apertura 2017-18 | pastoralepn

    Apertura Anno Pastorale 2017-18 DOWNLOAD GUARDA TUTTE LE FOTO Mappa dei laboratori ​ Locandina A3 ​ Volantino A5 Pieghevole con programma ​ Volantino visita pastorale ​ Liturgia della Parola che apre la Visita Pastorale ​ Liturgia della Parola che chiude la V isita Pastorale ​ Adorazione per la Vigilia della Visita Pastorale ​ Spiegazione dell'icona biblica (ppt) ​ Commento al brano biblico (ppt) ​ Intervista al giornalista Fabio Zavattaro (mp3) ​ Apertura dell'Anno Pastorale (mp3)

  • IL POPOLO n. 48 del 19.12.2021

    < Back IL POPOLO n. 48 del 19.12.2021 IL POPOLO ​ Verso l’assemblea Il cammino sinodale è in dialogo con il mondo Verso l’assemblea Il cammino sinodale è in dialogo con il mondo La macchina organizzativa del cammino sinodale si è messa in moto, pur tra qualche incertezza ed anche qualche resistenza. Come previsto nel Terzo quaderno (Il Regolamento), appena pubblicato, nei mesi di dicembre 2021-marzo 2022 si avvieranno tanti focus per confrontarsi sulle innumerevoli piste tematiche e proposte presentate nel Secondo quaderno. Si è ben consapevoli, come ha evidenziato il vescovo nell’incontro con il clero del 9 dicembre, che l’ascolto ad intra è più agevole, più semplice da organizzare e più familiare anche negli esiti possibili. Si tratta infatti di confrontarsi tra catechisti, operatori pastorali, CPP, cori, operatori liturgici ecc. E’ l’ascolto ad extra il più complesso da organizzare perché vanno non solo individuate le tipologie dei destinatari, ma bisogna pure sondarne le disponibilità e reperirle oltre a preparare delle tracce di lavoro e confronto (sempre a partire dal Secondo quaderno) rispettose, agevoli, agopunturali… Come in un sogno sarebbe bello che ci si potesse confrontare su ambiti particolarmente impegnativi, forse innovativi, talaltro anche sconcertanti. Venga recepito in questa sede solo come un esercizio di riflessione virtuale. Papa Francesco nel suo discorso di avvio del V Convegno ecclesiale di Firenze invitava i delegati a osservare il Giudizio universale presente nella Cattedrale di Firenze. All’apice si trova il Cristo trionfante ma con i segni della passione e perché tutti ben comprendano vi è la scritta "Ecce homo", per ridire a tutte le generazioni che "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,17). Continua il papa: "Nella luce di questo Giudice di misericordia […] possiamo parlare di umanesimo […]. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che si ricompone la nostra umanità, anche quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. […] Gesù è il nostro umanesimo". UN PRIMO CONFRONTO Un primo confronto con il mondo è quello di dirci che cosa possiamo fare insieme per ricostruire un nuovo umanesimo capace di misericordia, di tenerezza, di perdono verso l’uomo e la donna d’oggi. La riflessione sarà ponderosa e le scelte di realtà potranno essere formidabili ed innovative. È ineludibile un confronto con i luoghi di produzione culturale (Università, Scuole, Centri di ricerca …) per ridirci chi sia l’uomo nella sua essenza e nel suo nucleo indefettibile per poi operare di conseguenza negli ambiti del lavoro, della famiglia/e, della affettività/sessualità, del tempo libero, della cittadinanza, della malattia/sofferenza e morte (Cfr. Messaggio finale del Convegno di Verona). Sarà un ascolto-confronto autentico facendo spazio a quanto l’altro ci va dicendo e svuotandoci dei nostri schemi mentali, dei nostri pregiudizi, dei nostri muri. Ci vorrà tempo, tenacia e pazienza a partire da noi stessi, ma non possiamo più traccheggiare. UN SECONDO CONFRONTO Un altro spazio di riflessione/confronto , che peraltro emerge anche nei consueti e comuni dialoghi, riguarda le modalità d’uso dei beni della chiesa a favore degli ultimi, delle famiglie, dei giovani. Non si tratta di perseguire un pauperismo d’antan , si tratta di editare nuove motivazioni, scopi, finalità che vanno incontro all’uomo d’oggi con umiltà e disinteresse, "perché l’umanità del cristiano è sempre in uscita. Non è narcisistica, autoreferenziale" (Papa Francesco, Discorso di avvio Convegno di Firenze). Le nuove forme hanno da incrociare il governo della cosa pubblica, in un intenso dialogo a favore di tutti, avendo ben presente quanto il papa in Evangelii gaudium, 49 ci suggerisce spronandoci: "[Evitiamo] di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione". E in merito al governo della cosa pubblica senz’altro fecondo potrà essere il confronto, che non significa voler riesumare antichi collateralismi, ma sorretto dalla consapevolezza di fare nostro quanto scrive san Paolo ai Filippesi "Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri" (Fil 2,4). L’opzione per i poveri non è il pallino (inteso come idea fissa, mania …) del papa (e molti lo pensano) perché i poveri sono, con una plasticità unica, la carne di Cristo; cosa ne conseguirà? UN TERZO CONFRONTO Non ultimo sarebbe importante riprendere la riflessione e le conseguenti scelte sull’educare. L’episcopato italiano per il decennio 2010-2020 offriva alcune linee di fondo sull’educazione con il documento "Educare alla vita buona del Vangelo". Invero non s’è fatto molto. Pur essendo un documento lucido e stimolante è andato nel dimenticatoio, come molto spesso accade a tanti documenti magisteriali. Parlare di emergenza educativa è del tutto pleonastico . Con il mondo, con chi ha cura delle nuove generazioni s’ha da fare un nuovo patto, rispettoso della storia e delle appartenenze di ognuno ma con la chiara volontà di operare sinergicamente a favore dei ragazzi e ragazze d’oggi, nostro futuro. Il papa a Firenze ha parlato di sogno e invitava tutte le chiese e comunità cristiane "ad avviare in modo sinodale un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni…". Ci siamo. diac. G. Mauro Dalla Torre Delegato vescovile per la Cultura Nei mesi di dicembre 2021-marzo 2022 si avvieranno tanti focus per confrontarsi sulle innumerevoli piste tematiche e proposte presentate nel Secondo quaderno Come in un sogno sarebbe bello che ci si potesse confrontare su ambiti particolarmente impegnativi, forse innovativi, talaltro anche sconcertanti INCONTRO IN SEMINARIO DIOCESANO Un cammino sinodale condiviso per promuovere una "conversione pastorale" Giovedì 9 dicembre i sacerdoti si sono incontrati nell’auditorium del Seminario, nel rispetto delle attuali disposizioni anti Covid, per mettere a fuoco il tema della sinodalità, col vescovo Giuseppe; il biblista don Maurizio Girolami che ha introdotto l’incontro; don Davide Brusadin, del servizio informatico, con la trasmissione su schermo. IL VESCOVO GIUSEPPE Il vescovo Pellegrini ha condiviso quanto in precedenza aveva approfondito con i membri del Consiglio Presbiterale, giovedì 2 dicembre. Queste le premesse. 1. Il tempo presente richiede , a quanti vogliono "essere Chiesa, di avvicinarsi alla realtà, cogliendo opportuni spunti di spiritualità e rinnovamento, e traducendoli in scelte pastorali, che pongano al centro il messaggio di Gesù Cristo e l’impegno a favore delle situazioni di fragilità". Creando ponti di collaborazione con l’uomo di domani, rendendo la vita di fede sempre più adeguata al dibattito culturale in corso. 2. "Interrogarsi sulle scelte alle quali dare la precedenza", come egli stesso cerca di fare, in questi 11 anni di presenza in diocesi, lieto di maturare una relazione sempre più attenta alle persone e ai tempi, lasciandosi guidare dalla Parola di Dio e dall’azione dello Spirito Santo. 3. Vivendo e auspicando che l’attuale situazione "offra la possibilità a tutti i consacrati e ai laici, di maturare una più profonda consapevolezza dell’essere ’credenti ed evangelizzatori’, sullo stile di quanto Papa Francesco ha scritto nell’Evangelii Gaudium (n 120): In base al battesimo, ogni membro del Popolo di Dio è soggetto attivo dell’evangelizzazione, vivendo lo spirito missionario". Contenuti. "Si tratta di vivere il proprio essere Chiesa, da testimoni che si rinnovano grazie al cammino di fede. Nella consapevolezza che il Vangelo non si annuncia da seduti, ma in cammino" (Papa Francesco, ai Vescovi, 8 settembre 2018). Con lo spirito del Vangelo siamo chiamati ad un’autentica conversione, nel cogliere le esigenze dell’uomo d’oggi (n 236-37 della Evangelii Gaudium). È qui che si colloca lo spirito di "sinodalità". Anche se ci si sente impreparati, è bene non lasciarsi spaventare. "Si vince la paura grazie al cambiamento . Cambiare significa guidare senza il navigatore e senza cartina stradale, allontanandosi dal tragitto di tutti i giorni". Come fare? "O si trova una strada, o se ne costruisce una". È la dinamica del "convertitevi e credete al Vangelo" (Marco 1,15). Si tratta di promuovere una "conversione pastorale , fatta di un rinnovato ascolto". L’ascolto non è una "premessa", ma fa già parte della sinodalità. ALTRI INTERVENTI Tra gli interventi, condivisi anche la sera, coi vice presidenti dei Consigli pastorali parrocchiali, assieme ad alcuni altri laici, si sottolinea il contributo di Anita Cervi , responsabile della formazione dello spirito missionario, col Centro Unitario per la formazione Missionaria, di Verona. Oltre a condividere la vita familiare , col marito e quattro figli, svolge il ruolo di "facilitatrice" , nel dialogo ecclesiale. È consapevole che "il mio punto di vista, è solo il punto di vista, di un punto", e non l’universalità dei punti di vista". Esiste una differenza tra l’ascoltare con le orecchie e ascoltare col cuore. Occorre l’accoglienza dell’altro , anche col viso e la corporeità. La sintonia con le persone e col creato nasce dalla consapevolezza che sgorga dallo spirito di accoglienza, dal saper fare posto all’altro. È utile conoscere anche i pregiudizi che ci sono in noi, che possono fare da ostacolo all’ascolto empatico. Si acquisisce maturando la capacità di far rimbalzare nel proprio cuore quanto dicono gli altri e come lo dicono. Elle Ci Previous Next

  • IL POPOLO n. 33 del 05.09.2021

    < Back IL POPOLO n. 33 del 05.09.2021 IL POPOLO ​ Assemblea sinodale e formazione missionaria Assemblea sinodale e formazione missionaria La formazione è, insieme alle relazioni, uno dei termini principali sui quali le parrocchie e le unità pastorali della nostra diocesi hanno posto l’accento rispondendo al questionario formulato in occasione della recente visita pastorale del Vescovo. Che rapporto c’è tra questo tema importante e l’Assemblea Sinodale che si sta preparando in diocesi? C’è un rapporto stretto e articolato. Lo si evince anzitutto dal fatto che entrambi i Quaderni preparatori dell’Assemblea mettono in risalto la centralità della formazione, "esigenza che diventa bisogno per chiunque vuole crescere" (Quaderno Secondo, par. 6). Questa "parola emergente, e mai invecchiata" (Quaderno Primo, par. 14), si declina in vari ambiti (personale, familiare, catechistico, liturgico), è attribuita a diversi soggetti (non solo le nuove generazioni, ma anche gli adulti, cioè genitori, catechisti, diaconi e presbiteri) e ha per oggetto differenti realtà (il Vangelo da un lato e la cultura del nostro tempo dall’altro). Che il nesso tra formazione e Assemblea Sinodale sia essenziale, lo si può capire inoltre riflettendo sulla natura e sullo scopo di ciascuna. L’Assemblea Sinodale potrebbe essere definita come un rimettersi in cammino tutti insieme per riannunciare il Vangelo tutti insieme. È una strada che viene condivisa (questo significa etimologicamente la parola "sinodo") al fine di tracciare un’altra strada da condividere, quella di una nuova evangelizzazione. Lo scopo dell’Assemblea Sinodale è dunque quello di agevolare nella nostra diocesi la trasformazione missionaria della Chiesa, come indicato da Papa Francesco nella Evangeliigaudium. Si tratta di un processo di riforma che non investe soltanto le strutture, ma coinvolge direttamente la persona di ogni singolo fedele. "Siamo giunti ad una svolta che interpella ciascun battezzato a fare la propria parte perché la fede risplenda nel nostro tempo con la sua inesauribile forza di umanità e di pace per tutti" (Quaderno Primo, par. 22). È precisamente questo il punto di innesto tra la riforma missionaria , a cui è finalizzata l’Assemblea Sinodale, e la formazione. La formazione in generale , infatti, è il processo attraverso il quale una persona perfeziona le proprie capacità diventando in grado di compiere nel modo migliore ciò di cui è capace. Nello specifico , tutti i battezzati possiedono, in virtù del battesimo, una capacità missionaria: "È il battesimo, infatti, che abilita ogni credente ad andare dappertutto per portare ad ogni persona l’annuncio di amore e di salvezza del Risorto" (Quaderno Primo, par. 23). Il compito missionario al quale ogni battezzato è chiamato, tuttavia, può essere svolto al meglio solo mediante un’adeguata formazione. Nessuno si sognerebbe di inviare un missionario in terre lontane senza prima averlo formato come si deve; analogamente, non è pensabile che un battezzato possa operare bene come evangelizzatore senza una formazione adatta al tipo speciale di evangelizzazione a cui è chiamato nel proprio ambiente quotidiano di vita. Senza formazione, non ci può essere buona evangelizzazione. Il fine dell’Assemblea Sinodale , cioè la trasformazione missionaria della Chiesa di Concordia-Pordenone, non può essere veramente raggiunto senza la formazione di tutti i battezzati che compongono la nostra Chiesa diocesana. Il rapporto tra Assemblea Sinodale e formazione può essere chiarito con una similitudine tratta dal mondo sportivo, che in questa indimenticabile estate del 2021 ha regalato a noi italiani grandi soddisfazioni. Non sembri irriverente un tal genere di paragone: lo usava già san Paolo nelle sue lettere (1 Cor 9, 24-27). Immaginate una squadra di calcio dal glorioso passato che si riduca a giocare soltanto in difesa, perdendo gradualmente posizioni in classifica e stima in se stessa. Immaginate ora un allenatore che voglia cambiare il gioco di questa squadra, facendola uscire dalla propria metà campo e riportandola ad avere l’iniziativa, a costo di correre qualche rischio nel reparto difensivo. Alla squadra verranno dati nuovi schemi e ai giocatori saranno attribuiti ruoli differenti rispetto a prima. Per attuare gli schemi e svolgere i loro nuovi ruoli, i giocatori avranno bisogno di modificare i loro allenamenti e le loro relazioni in campo. Mettete ora al posto della squadra la nostra Chiesa diocesana , al posto dell’allenatore il nostro Vescovo e al posto dei giocatori tutti noi battezzati della diocesi: se vogliamo essere una Chiesa in uscita, che prenda l’iniziativa e si spinga coraggiosamente in avanti con proposte innovative di evangelizzazione, tutti dobbiamo accettare di modificare i nostri schemi precedenti e prepararci a quelli nuovi con la formazione missionaria necessaria a ciascuno di noi. L’Assemblea Sinodale ci offre una grossa opportunità , quella di contribuire alla definizione dei nuovi "schemi di gioco" e all’individuazione delle forme di "allenamento" di cui abbiamo bisogno per attuarli. Fuor di metafora, attraverso le fasi di ascolto e di confronto dell’Assemblea Sinodale, potremo aiutarci reciprocamente a capire quali passi compiere "per diventare discepoli del Maestro Gesù, il quale uscì lungo le strade del mondo per incontrare ogni situazione umana" (Quaderno Secondo, par. 7), consapevoli e fiduciosi che, come egli ci ha insegnato, "ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro" (Lc 6, 40). Giovanni Catapano Entrambi i Quaderni preparatori dell’Assemblea mettono in risalto la centralità della formazione, "esigenza che diventa bisogno per chiunque vuole crescere" Che il nesso tra formazione e Assemblea Sinodale sia essenziale, lo si può capire inoltre riflettendo sulla natura e sullo scopo di ciascuna Parole guida dalla CEI La missione della parrocchia oggi Per il pastore, anche una sola pecora è tanto importante da indurlo a lasciare tutte le altre nel deserto, per andare a cercare l’unica che si è smarrita. Il pastore Gesù è la trasparenza dell’amore di Dio, che non abbandona nessuno, ma cerca tutti e ciascuno con passione. Tutte le scelte pastorali hanno la loro radice in quest’immagine evangelica di ardente missionarietà Nella parabola del pastore e della pecora perduta e ritrovata, Gesù si preoccupa di mostrare che, per il pastore, anche una sola pecora è tanto importante da indurlo a lasciare tutte le altre nel deserto, per andare a cercare l’unica che si è smarrita; e quando la ritrova, prova una grande gioia e vuole che la sua gioia sia condivisa (cfr Lc 15,4-7). Il pastore Gesù è la trasparenza dell’amore di Dio, che non abbandona nessuno, ma cerca tutti e ciascuno con passione. Tutte le scelte pastorali hanno la loro radice in quest’immagine evangelica di ardente missionarietà. Essa appartiene in modo tutto particolare alla parrocchia. Nata come forma della comunità cristiana in grado di comunicare e far crescere la fede nella storia e di realizzare il carattere comunitario della Chiesa, la parrocchia ha cercato di dare forma al Vangelo nel cuore dell’esistenza umana. Essa è la figura più conosciuta della Chiesa per il suo carattere di vicinanza a tutti, di apertura verso tutti, di accoglienza per tutti. Nel cattolicesimo, in particolare in quello italiano, le parrocchie hanno indicato la "vita buona" secondo il Vangelo di Gesù e hanno sorretto il senso di appartenenza alla Chiesa. Con la sua struttura flessibile, la parrocchia è stata in grado, sia pure a volte con fatica, di rispondere alle trasformazioni sociali e alle diverse sensibilità religiose. A livello di parrocchia si coglie la verità di quanto afferma il Concilio Vaticano II, e cioè che "la Chiesa cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena" (Gaudium et Spes 40). Oggi, però, questa figura di parrocchia si trova minacciata da due possibili derive: da una parte la spinta a fare della parrocchia una comunità "autoreferenziale", in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme, coltivando rapporti ravvicinati e rassicuranti; dall’altra la percezione della parrocchia come "centro di servizi" per l’amministrazione dei sacramenti, che dà per scontata la fede in quanti li richiedono. La consapevolezza del rischio non ci fa pessimisti: la parrocchia nel passato ha saputo affrontare i cambiamenti mantenendo intatta l’istanza centrale di comunicare la fede al popolo. Ciò tuttavia non è sufficiente ad assicurarci che anche nel futuro essa sarà in grado di essere concretamente missionaria. Perché ciò accada, dobbiamo affrontare alcuni snodi essenziali. Il primo riguarda il carattere della parrocchia come figura di Chiesa radicata in un luogo: come intercettare "a partire dalla parrocchia" i nuovi "luoghi" dell’esperienza umana, così diffusi e dispersi? Altrettanto ci interroga la connotazione della parrocchia come figura di Chiesa vicina alla vita della gente: come accogliere e accompagnare le persone, tessendo trame di solidarietà in nome di un Vangelo di verità e di carità, in un contesto di complessità sociale crescente? E ancora, la parrocchia è figura di Chiesa semplice e umile, porta di accesso al Vangelo per tutti: in una società pluralista, come far sì che la sua "debolezza" aggregativa non determini una fragilità della proposta? E, infine, la parrocchia è figura di Chiesa di popolo, avamposto della Chiesa verso ogni situazione umana, strumento di integrazione, punto di partenza per percorsi più esigenti: ma come sfuggire al pericolo di ridursi a gestire il folklore religioso o il bisogno di sacro? Su questi interrogativi dobbiamo misurarci per riposizionare la parrocchia in un orizzonte più spiccatamente missionario. […] Nell’Eucaristia, dono di sé che Cristo offre per tutti, riconosciamo la sorgente prima, il cuore pulsante, l’espressione più alta della Chiesa che si fa missionaria partendo dal luogo della sua presenza tra le case degli uomini, dall’altare delle nostre chiese parrocchiali. Dalla nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia (30 maggio 2004) Previous Next

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