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  • IL POPOLO n. 41 del 31.10.2021

    < Back IL POPOLO n. 41 del 31.10.2021 IL POPOLO ​ Apertura anno pastorale Il Vescovo Giuseppe: “Il cammino sinodale è un percorso di discernimento e di conversione, personale e comunitario” Apertura anno pastorale Il Vescovo Giuseppe: “Il cammino sinodale è un percorso di discernimento e di conversione, personale e comunitario” "Non dobbiamo mai dimenticarlo: il vero protagonista del nostro cammino sinodale è lo Spirito Santo e sarà solo la docilità ad esso a suggerirci cosa Dio vuole da noi e dalla sua Chiesa" Domenica 17 ottobre, presso l’oratorio di San Pietro in Sclavons, si è celebrato un momento di preghiera per l’apertura dell’anno pastorale e - in comunione con la Chiesa Universale - anche l’apertura del cammino sinodale che per noi è cominciato lo scorso mese di aprile. Durante il suo intervento, il vescovo Giuseppe , ha sottolineato come "il cammino sinodale è un percorso di discernimento e di conversione, personale e comunitario, che dovrebbe creare in ciascuno di noi, per la potenza dello Spirito Santo, forza e coraggio per attuare quei cambiamenti che vediamo necessari, anche se faticosi da attuare. Non dobbiamo mai dimenticarlo: il vero protagonista del nostro cammino sinodale è lo Spirito Santo e sarà solo la docilità ad esso a suggerirci cosa Dio vuole da noi e dalla sua Chiesa." Iniziando il percorso sinodale il 9 e 10 ottobre 2021, papa Francesco ha chiesto alle comunità cristiane che camminano nel mondo, di incarnare e prendere sul serio lo stile di Dio che cammina nella storia, condividendo le vicende dell’umanità e divenire esperti nell’arte dell’incontro. Ecco perché, prosegue il vescovo: spetta a noi il compito di disporci all’ascolto , leggendo i segni dei tempi alla luce del cammino già compiuto. Molti sono i segni che ci dicono che è maturo il tempo per recuperare la sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa. Non c’è da inventare nulla di nuovo, perché il modello sinodale è della Chiesa apostolica e del primo millennio, ripreso dal Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium , che indica alla Chiesa la via della comunione, a immagine della comunione Trinitaria. In questa logica, la vita in Cristo non si manifesta anzitutto nella differenza delle funzioni e degli stati di vita, ma nella pari dignità di tutto il popolo di Dio. Accogliamo, allora, con serenità e con gioia l’invito ad essere popolo di Dio in cammino. Tra i brani della Parola di Dio che la liturgia ha offerto a tutti i fedeli, il vescovo riprende At 15, il "Concilio di Gerusalemme" come esempio per il nostro cammino sinodale dove furono prese scelte importantissime, e ci mostra come la Chiesa, in forma collegiale prese in esame e risolse uno dei problemi più grandi che stava vivendo. Nel cammino di discernimento è fondamentale cogliere nella vita delle persone, nelle vicende dell’umanità e della Chiesa l’iniziativa di Dio, potente anche se nascosta, che opera per la salvezza di tutti, nessuno escluso. Questo richiede buona capacità di ascolto paziente e attenzione lungimirante ai fatti, rileggendoli mediante l’ascolto orante e la comprensione della Parola di Dio. Accogliamo l’invito della Chiesa a metterci in ascolto di tutti , senza paura e senza tentennamenti. Diamo il tempo necessario all’ascolto del mondo e dell’umanità, senza fretta, evitando risposte superficiali e artificiali, o risposte vecchie a problemi nuovi. In quest’anno particolare di cammino sinodale, prendiamoci una pausa dai nostri ritmi , conteniamo per un po’ le ansie e le preoccupazioni pastorali e con gioia e passione fermiamoci ad ascoltare. Troviamo tempi e modi per metterci in ascolto di tutti, credenti e non credenti, persone o gruppi che vivono la vita della comunità ma anche quelli che sono presenti saltuariamente o non frequentano più il nostro mondo. Permettiamo a tutti quelli che lo desiderano, il confronto e il dialogo, senza chiusure e precomprensioni. Per rendere ancora più fruibile il suo pensiero, il vescovo verso la fine del suo intervento lascia il linguaggio "ecclesiastichese" (come lui stesso lo ha definito) per usare un immagine nazional popolare televisiva nota a tutti, tratta dalla fortunata fiction Rai "Don Matteo", dove il protagonista nel presentarsi ai parrocchiani come nuovo parroco, usando le parole del suo predecessore dice: "Don Matteo, devi imparare ad ascoltare. Ed io sto ancora ad impararlo. Oggi andiamo tutti di fretta. Parliamo, parliamo, ma chi ascolta? E poi vogliamo, vogliamo troppe cose, come se fossimo alla ricerca di un tesoro nascosto che non riusciamo mai a trovare. E non ci accorgiamo che il vero tesoro siamo noi, io e voi". Conclude Sua Ecc.za confidando un sogno: "Sognare significa affidare allo Spirito Santo la Chiesa . Lui la guida e la sorregge anche nei momenti più difficili della sua storia. Ecco il mio sogno: che il cammino sinodale che stiamo vivendo, renda la Chiesa di Concordia-Pordenone e le parrocchie e le unità pastorali capaci di rigenerare nelle persone che incontriamo, attraverso la nostra gioia, il nostro entusiasmo e la nostra fede, un’ardente attesa nei confronti del Vangelo e del Regno di Dio che è già iniziato ed è presente in mezzo a noi." Alex Zappalà la testimonianza Il cammino come stile di lavoro e di vita Per raccontare questi primi mesi di cammino con la segreteria generale dell’assemblea sinodale, vorrei ricorrere all’immagine a me molto cara di un’escursione in montagna. Mi è stata proposta, ci è stata proposta come meta una Chiesa diocesana rinnovata. Meta che al momento appare forse poco chiara nei dettagli, ma è sicuramente ben più di un desiderio, oserei dire un bisogno. Ecco allora che senza particolari attese o pretese ho scelto di mettermi in cammino… semplicemente con fiducia verso chi ha avuto questa intuizione e ciò che lo Spirito vorrà suggerirci. Negli incontri di segreteria abbiamo dedicato questi primi mesi ai preparativi, provando a definire i giusti tempi, le opportune soste, individuando quell’equipaggiamento che fosse veramente utile e non di zavorra. Non sono certo mancate le fatiche nell’accostare pensieri e visioni diversi tra loro o gli ostacoli di quei dettagli che potevano sembrare solo sterili tecnicismi. La speranza è che quante più persone possibili si sentano invitate e scelgano di alzarsi per provare a seguire quella che a prima vista sembra solo una debole traccia. Il camminare insieme sarà così una bella occasione di ascolto e confronto. Sarà tempo nel quale nessuno sarà lasciato indietro. Itinerario nel quale sicuramente non ci smarriremo perché se qualche segno può sfuggire a pochi, difficilmente potrà passare inosservato a molti. Luogo nel quale metteremo insieme le nostre piccole storie e le poche provviste per alimentare un bene grande che sarà per tutti. Sono certo che con questo stile , con un po’ di coraggio, con altrettanta pazienza quella meta oggi poco chiara, un po’ misteriosa si farà sempre più prossima e si svelerà in tutta la sua bellezza. Non sarà un arrivo, ma invito a restare in cammino, ogni giorno … perché forse è proprio questa la vera meta. Alex Coden Previous Next

  • IL POPOLO n. 16 del 18.04.2021

    < Back IL POPOLO n. 16 del 18.04.2021 IL POPOLO ​ Verso l’Assemblea sinodale Decreto di indizione della Assemblea sinodale Verso l’Assemblea sinodale Decreto di indizione della Assemblea sinodale GIUSEPPE PELLEGRINI VESCOVO DI CONCORDIA-PORDENONE Ai fratelli e sorelle della santa chiesa di Concordia-Pordenone Carissimi tutti, viviamo tempi di grandi e veloci modificazioni: la società liquida nella quale ci trovavamo immersi si è come trasformata in una rapida corrente, resa ancor più decisa dalla situazione che si è creata in seguito alla pandemia da Covid-19. Papa Francesco ci ha più volte ricordato che come Chiesa siamo coinvolti in un cambiamento d’epoca, fatto di cambiamenti non più lineari, di scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi (Cfr, Discorso di Papa Francesco alla Curia Romana del 21 dicembre 2019). Consapevoli di tutto questo non possiamo non sentire il bisogno di avviare un cammino di confronto e di ascolto reciproco, in vista di alcune scelte da maturare insieme, per il bene e il futuro del nostro essere Chiesa. Nei mesi scorsi ho condiviso a vari livelli il mio sentire e le mie considerazioni in proposito. Da quei dialoghi è emerso che è urgente per la nostra Chiesa riflettere sulla riscoperta del battesimo nella valorizzazione della vocazione laicale, sulla rigenerazione della fede con un ripensamento della pastorale e dei cammini di iniziazione cristiana, sul ministero ordinato riconducendolo all’essenziale, la riflessione sui nuovi stili di vita, a partire dall’esperienza della pandemia e dei cambiamenti in corso. Raccogliendo queste istanze ho elaborato il progetto per un cammino che coinvolga la Chiesa di Concordia-Pordenone, in vista di un’assemblea sinodale da tenersi presumibilmente nell’aprile 2022, tenuto conto dell’evolversi della situazione pandemica. Ho, dunque, sottoposto tale itinerario al Consiglio Presbiterale nella seduta del 10 dicembre 2020, ottenendone unanime approvazione. Pertanto, in forza dell’autorità ordinaria di cui sono investito come pastore di questa Chiesa di Concordia Pordenone, con il presente decreto INDICO IL CAMMINO DI PREPARAZIONE VERSO l’ASSEMBLEA SINODALE Contestualmente, affido la preparazione del cammino e l’organizzazione dell’assemblea sinodale alla Segreteria generale da me presieduta e composta nelle persone di seguito elencate: - ANNA CORRÀ e GILBERTO TONIN, Vicepresidenti - DON MAURIZIO GIROLAMI, Segretario Generale - MICHELA SOLIGO - e ALEX ZAPPALÀ, Vicesegretari. Membri - MONS. ORIOLDO MARSON - DON ELVIO MORSANUTO - DON DAVIDE CORBA - DON ROBERTO TONDATO - DON MARINO ROSSI - DON RUGGERO MAZZEGA - DON ENRICO FACCA - DON DA VIDE BRUSADIN - DIAC. MAURO DALLA TORRE - P. ANDREA TOMMASI - SUOR CLAUDIA BERTON - PAOLO VERARDO - GABRIELLA CHIELLINO - GIOVANNI CATAPANO - STEFANO ZIROLDO - ALEX CODEN - ANDREA BARACHINO - ELISABETTA TAMAI - BRUNO ANASTASTA - PAOLA FEDATO - MATTEO CORNACCHIA - ANNA ROMANO - FRANCO CANZIAN - CINZIA GIOVANATO - PAOLO VATAMANU Esperti: - DON CORRADO DELLA ROSA - ANITA CERVI. Mentre ringrazio i sunnominati per la disponibilità accordata, su tutti invoco la benedizione del Signore, perché questo cammino risulti fruttuoso e vitale per la nostra Chiesa. Sono consapevole che per raggiungere la conversione delle strutture e delle attività, occorrerà passare prima per una conversione personale. La Beata Vergine Maria e i nostri Santi Patroni veglino sul nostro cammino. Dato a Pordenone, il 1° marzo 2021 Le tappe di un cammino Lo aveva annunciato come un suo sogno il 26 marzo, giorno in cui mons. Giuseppe Pellegrini vescovo di Concordia-Pordenone ha ricordato i dieci anni dalla sua ordinazione episcopale avvenuta in San Zeno a Verona nel 2011. Sabato 10 aprile, un paio di settimane dopo, quel sogno ha preso vita. Si tratta dell’Assemblea Sinodale, la cui fase iniziale e preparatoria è stata avviata con una celebrazione eucaristica nella parrocchiale di Corva di Azzano Decimo, trasmessa in streaming dai canali social della Diocesi per le restrizioni dettate dalla pandemia. Sempre sabato 10, in una previa conferenza stampa, il vescovo stesso la ha così presentata: "Risuona forte dentro di me quell’invito che Gesù ha rivolto non solo ai suoi discepoli ma a tutti noi di portare il suo vangelo nel mondo, di portare l’amore di Dio nel mondo. Tocca a noi oggi condurlo dentro la storia concreta, quella dei nostri giorni, dei nostri bisogni". Ma come? Si è chiesto il presule. Una la certezza: "Aspetto fondamentale è farlo insieme. Farlo come una chiesa non costituita solo da sacerdoti, papa, vescovi e religiosi, ma intero popolo di Dio". Questa chiesa diocesana è chiamata a lavorare insieme, a confrontarsi, soprattutto a mettersi in ascolto per vedere dove oggi lo Spirito soffia e dove conduce. Una Chiesa pronta a collaborare, a condividere, a captare novità, a cambiare dove necessario, purché il messaggio evangelico continui a camminare per le strade del mondo. Don Maurizio Girolami, segretario generale dell’Assemblea Sinodale ne ha fornito i dettagli più tecnici. Punto primo è saper cogliere necessità e bisogni manifestati da persone e comunità. "Per il lavoro che si affaccia - ha spiegato don Maurizio - il vescovo ha costituito una segreteria generale composta da una trentina di persone, di sacerdoti e laici impegnati nell’ambito ecclesiale e sociale. La presidenza, costituita dal vescovo stesso, sta definendo delle piste di riflessione, condivise col Consiglio Presbiterale". Pur restando aperta a raccogliere quanto emergerà, quattro sono gli ambiti individuati come base di partenza: la necessità di un cambiamento che rifletta l’epoca che stiamo vivendo; la presa di coscienza del Battesimo come matrice di tutto ciò che è la vita cristiana; il rinnovamento della pastorale e dell’organizzazione delle comunità per un cammino funzionale e condiviso; una riflessione sul ministero sacerdotale. Con la celebrazione di sabato 10 ha preso il via la prima fase, dedicata all’ascolto; poi quanto emerso verrà raccolto e il materiale risultante diverrà materia di confronto e discussione alla luce delle fragilità come delle peculiarità emerse da singoli, comunità e territorio. Raccolte le varie sollecitazioni la segreteria generale produrrà un Instrumentum Laboris (autunno 2021), cioè un documento che terrà conto dall’ascolto capillare. Ma l’Instrumentum sarà anche punto di partenza per avviare una fase di discussione - tramite delegati - che porterà alla celebrazione della assemblea vera e propria che, a quel punto, sarà il risultato di mesi di cammino, di riflessione, di confronto e di preghiera di una Diocesi intera. S.V. La chiesa diocesana è chiamata a lavorare insieme, a confrontarsi, soprattutto a mettersi in ascolto per vedere dove oggi lo Spirito soffia e dove conduce. Un lavoro e un cammino corale, sinodale appunto Previous Next

  • IL POPOLO n. 07 del 20.02.2022

    IL POPOLO n. 07 del 20.02.2022 < Back L’assemblea al lavoro In cammino sinodale anche per farci evangelizzare dai poveri IL POPOLO L’assemblea al lavoro In cammino sinodale anche per farci evangelizzare dai poveri Una Chiesa diocesana che si mette in cammino verso l’assemblea sinodale e decide di farlo a partire dall’ascolto non può prescindere dall’ascoltare le persone che vivono situazioni di fragilità e vulnerabilità, siano esse materiali o di altra natura. Si tratta di quelle persone che con una parola definiamo i poveri: parola un po’ pericolosa perché, al dono della sintesi, affianca il rischio di una categorizzazione quasi definitiva che sposta l’attenzione sulle difficoltà e non sulla dignità del nostro essere persone e, nella prospettiva cristiana, fratelli e sorelle. Ma quali povertà la nostra Chiesa dovrebbe ascoltare? La crisi pandemica, come tutte le crisi, ha accelerato lo svelamento di alcuni fenomeni: pensiamo alla vulnerabilità di tutto quel mondo di precariato e di autonomi impegnati in professioni nuove, ma anche a quel mondo di solitudini e di difficoltà relazionali che chiusure e distanziamenti hanno accentuato, soprattutto tra giovani e fragili. Sono fenomeni che si inseriscono in un contesto territoriale che, anche prima della pandemia, presentava fenomeni di disagio abitativo, cioè la difficoltà a trovare o mantenere situazioni alloggiative dignitose, senza necessariamente cadere nel fenomeno dei senza dimora, anche se quello della grave emarginazione adulta sembra essere una problematica in crescita. Tuttavia chi vive l’incontro quotidiano con le persone povere si rende conto che, per quanto si cerchi di inserire le storie di povertà in ambiti delineati, ciascuna storia ha la sua unicità in cui giocano un insieme di diversi fattori. Da questo punto di vista la pandemia ha esasperato molte situazioni e persone che prima in qualche modo se la cavavano, si sono trovate a sperimentare situazioni di precarietà e di incertezza se non addirittura di mancanza di mezzi e prospettive. Non è quindi semplice dire quali povertà dovrebbe ascoltare la Chiesa, la risposta più semplice sarebbe tutte, perché cercando di ascoltare la comunità intera tra queste persone ci sono anche i poveri. Ma questo induce una domanda: che posto hanno le persone in situazione di povertà nelle nostre comunità cristiane? Perché se le accogliamo come parte della nostra comunità, se riusciamo a coinvolgere la comunità nell’ascolto, riusciremo a coinvolgere anche loro, senza necessariamente etichettarle. Se sono invece solamente il soggetto (spero non l’oggetto) della nostra solidarietà, ma di fatto tenute in qualche modo fuori dalla vita della nostra comunità cristiana, dovremo non perdere l’occasione del percorso sinodale per riavvicinarle e per far loro sapere che per noi ascoltarle è una "scelta preferenziale". Per l’esperienza dell’animazione della carità nella Chiesa, almeno in Italia, l’ascolto è punto di partenza fondamentale; non a caso la Caritas propone un luogo non solo fisico, ma che è segno di uno stile: molte parrocchie e, senz’altro tutte le foranie della nostra diocesi, hanno almeno un Centro di Ascolto Caritas. Potremmo quindi dire che come Chiesa i poveri li ascoltiamo già? Penso che l’ascolto dei poveri che ci viene chiesto in questo percorso sinodale necessiti di un cambiamento di prospettiva. Generalmente, i volontari delle Caritas e delle altre realtà caritative sono abituati ad ascoltare le richieste dei poveri e pronti a dare risposte e a entrare in relazione. Invece nel percorso sinodale siamo noi a chiedere ai poveri, e dietro a questo chiedere ai poveri si aprono tante suggestioni e opportunità. Innanzitutto se realmente ci troviamo a chiedere, e non a fare solo un esercizio di stile perché tanto le risposte pensiamo di saperle già, siamo prossimi alla postura dei poveri, siamo quindi nella posizione giusta, che è quella di riscoprirci noi per primi poveri, anche per farci evangelizzare da loro come ci ricorda Papa Francesco nel suo messaggio per la V Giornata Mondiale dei Poveri. E quale occasione migliore di un cammino sinodale per farlo. Nel mettersi in questa prospettiva di ascolto è bene ribadire che stiamo ascoltando innanzitutto persone (che vivono momenti di difficoltà e sofferenza anche gravi e perduranti nel tempo), e per aiutarci in questo può essere utile appropriarsi anche di un’altra frase che il Papa cita nel suo messaggio: "Nessuno è così povero da non poter donare qualcosa di sé nella reciprocità" e che richiama una frase di don Oreste Benzi "Nessuno è così povero da non aver nulla da dare". È una frase che immagino non tanto rivolta alle persone povere, quanto a noi che dobbiamo essere capaci di riconoscere, anche nelle vite più piegate, la dignità della persona umana. E in questa dimensione di ascolto nella quale siamo chiamati a vivere suggerirei anche un piccolo cambio di vocale: "Nessuno è così povero da non aver nulla da dire". A noi la capacità di non perdere l’occasione di ascoltare le risposte che ci sapranno dare. Andrea Barachino Direttore Caritas diocesana La pandemia ha esasperato molte situazioni e persone, che prima in qualche modo se la cavavano, si sono trovate a sperimentare situazioni di precarietà e di incertezza se non addirittura di mancanza di mezzi e prospettive Il battesimo: un tallone d’Achille? In questi giorni sono state tante le reazioni al gesto dell’autobattesimo di Achille Lauro a Sanremo. Una parte del fronte cristiano si è sentito provocato a reagire. Lo scorso 6 febbraio Alessandro D’Avenia è intervenuto con un profondo e delicatissimo articolo dedicato al tema della vita eterna, rimettendo a fuoco il senso del rito battesimale: è un gesto che si riceve e non ci si dà, come la vita; è un momento di rinascita ad una dimensione di vita eterna, come la chiama il vangelo di Giovanni, poco coincidente con la sola vita biologica e fisica. D’Avenia, intriso di cultura letteraria, non manca di legare attorno al nome ’Achille’ l’omonimo personaggio omerico con il performer sanremese, ricordando a tutti che il mito greco aveva dipinto quell’eroe forte e imbattibile, ma terribilmente vulnerabile a causa del suo tallone, rimasto scoperto mentre veniva immerso nel fiume Stige per essere rivestito dalla protezione dell’immortalità. Il nostro tallone, afferma sempre D’Avenia, è la morte , il punto debole di ogni esistenza umana. Di fronte ad essa non ci sono immersioni in acque prodigiose che possano salvarci. Nemmeno per i supposti ’eroi’ o ’miti’ del nostro tempo. Il battesimo cristiano ricorda che l’immersione non è solo nell’acqua, ma nella morte e risurrezione di Cristo. San Basilio Magno (330-379) chiamava il fonte battesimale sepolcro liquido: ci si sprofonda in esso volontariamente per imitare e partecipare dello stesso Figlio di Dio, il quale si è offerto, liberamente, come nostro fratello e maestro, accettando anche di salire sulla croce. Come non ci si dà la vita, così non ci si procura la morte. Il battesimo , in quanto immersione nella Pasqua di Cristo, ribadisce che la morte non si può evitare, perché non è un punto di vulnerabilità che mette in gioco tutto il resto della vita umana. Ci si può immergere dentro, con lo spirito di chi, come Cristo, ha abbracciato la debolezza umana per farla diventare luogo di solidarietà e condivisione. Nella morte di Cristo non siamo soli, è lui che ci prende per mano per condurci a quella vita che è eterna, perché non muore più. Guidati da lui, si riemerge dalle acque e si comincia a respirare, cioè a vivere, con la certezza che la solitudine, alla quale la morte ci condanna, non è un destino ineluttabile. Con la sua morte, Cristo abita tutte le nostre morti, così nessuno è più solo. La compagnia di un amico è un dono che si riceve, non lo si può produrre da sé, come la vita. L’unica cosa che si può fare da se stessi è cercare l’amico lì dove si è posto. Cristo si lascia trovare sulla croce, luogo di morte, per assicurare a tutti la sua amicizia. Per questo i cristiani non temono la morte né, per sentirsi al sicuro, hanno bisogno di acque magiche, né di passare attraverso procedimenti iniziatici complicati o di attendersi spettacoli stupefacenti. Nell’Assemblea sinodale della nostra Chiesa diocesana , mentre sta prendendo sempre di più forma e consistenza la composizione dei delegati, si tratterà di come riscoprire, vivere e annunciare il dono del battesimo, così come è stato donato. Il sacramento della nuova vita in Cristo è questione di vita e di morte . E non sono solo parole. Grazie a chi, in modi opportuni e inopportuni, ci permette di ricordare che la vita è un dono ricevuto e che essa porta dentro di sé una tensione di eternità che non teme i talloni scoperti, perché sa di trovare in ogni dove la presenza dell’amico Gesù che nell’amore per noi ha vinto ogni paura. Don Maurizio Girolami Segretario Generale E’ un gesto che si riceve enon ci si dà,proprio comela vita Il sacramento della nuova vita in Cristo è questione di vita e di morte.E non sono solo parole Previous Next

  • IL POPOLO n. 28 del 11.07.2021

    < Back IL POPOLO n. 28 del 11.07.2021 IL POPOLO ​ Verso l’assemblea sinodale Dal Basso in alto Verso l’assemblea sinodale Dal Basso in alto “Il Sinodo deve iniziare dal basso in alto. Questo ci chiederà pazienza e lavoro, far parlare la gente, che esca la saggezza del popolo di Dio". Le parole che Papa Francesco ha rivolto ai vescovi aprendo la 74esima Assemblea Generale della Conferenza episcopale Italiana mi hanno colpito profondamente e mi hanno dato da pensare. Dal basso in alto: un’indicazione semplice ma davvero illuminante che basta a dare senso all’intero percorso del cammino sinodale. Durante i lavori della Segreteria Generale che sta preparando il percorso della Chiesa diocesana verso l’Assemblea Sinodale abbiamo condiviso alcune riflessioni relative ai tempi e allo stile che dovranno caratterizzare questo cammino. Il sinodo della Chiesa (Diocesana e Italiana) vissuto nel tempo che stiamo attraversando non può essere pensato come un evento e neanche semplicemente come un percorso che ha un inizio e una fine, si tratta piuttosto di sperimentare strade nuove per aprire spazi significativi di ascolto e di incontro che possano trasformare definitivamente le nostre comunità. Partire dal basso significa attingere alla ricchezza di tutte le esperienze umane , andando incontro alle fatiche di ciascuno e alle sfide che siamo chiamati a raccogliere, tra tutte forse la ricostruzione di quel tessuto di relazioni autentiche in cui si realizza la vita delle comunità cristiane e che abbiamo rischiato di perdere travolti dalla pandemia. L’anno che abbiamo vissuto ci ha esposti al rischio di un isolamento non solo fisico e di una solitudine imposta che può diventare, specialmente per i giovani e per le personalità più fragili, una trappola senza vie d’uscita. Papa Francesco ci ha richiamati ad un coraggio creativo che può orientare in modo nuovo il nostro sguardo: "Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda" (Omelia del 27 marzo 2020). Se penso ad una Chiesa "in uscita" che ha il "coraggio di cambiare" penso ad un popolo che si mette in cammino con la certezza che solo sulla strada si può incontrare l’altro e aprirsi al cambiamento; sulla strada mentre si condividono fatica e bellezza nascono relazioni autentiche che hanno un potere trasformativo. Spero davvero il cammino sinodale ci porti in dono un nuovo modo di cercare , costruire e nutrire uno stile relazionale diverso che possa farci scoprire la ricchezza degli incontri, il valore del confronto l’importanza di ritrovarsi nella diversità fratelli e figli: se il cammino che siamo chiamati a condividere ci riportasse sulla strada dell’apertura, dell’ascolto, dell’incontro vero avremo raccolto da questa esperienza i frutti più preziosi. Nella relazione con l’altro si gioca la realizzazione della nostra umanità ma per una comunità cristiana in cammino c’è in gioco qualcosa di ancora più grande. Seguendo Cristo, uomo di relazione, siamo chiamati a testimoniare la certezza che il Bene si realizza nella comunione tra di noi e con Lui; le comunità coinvolte in questo percorso dovranno avere una cura particolare per la qualità degli incontri, un’attenzione specifica al coinvolgimento di gruppi e singoli e delle diverse generazioni. Di fronte ai giovani , in cui riponiamo tutta la speranza per la salvezza del mondo, le comunità cristiane hanno la responsabilità della testimonianza; lungo il cammino verso il Sinodo i giovani dovranno incontrare "discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano", una Chiesa che "sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi" ( EvangeliiGaudium , 24). Per giocarsi davvero nelle relazioni bisogna essere disposti ad uscire da se stessi per mettersi a disposizione dell’altro, pronti ad accogliere il cambiamento che ogni incontro autentico può provocare. Su questa strada i giovani si metteranno in cammino e sapranno essere protagonisti creativi, anche rivoluzionari. Quindi il "Coraggio di cambiare" di una "Chiesa in uscita" passa attraverso il coraggio di ogni cristiano coinvolto nel cammino sinodale: se i percorsi che sapremo attivare favoriranno la rinascita delle relazioni tra di noi avremo contribuito a quel "improrogabile rinnovamento ecclesiale" che da più parti sembra essere invocato come l’orizzonte verso il quale dirigersi. Se sapremo aprire spazi di accoglienza in cui possano nascere occasioni di incontro e relazione anche per chi si avvicina solo ogni tanto e quasi per caso alla vita della Chiesa avremo colto nel segno l’invito a partire da quel "basso" in cui si nasconde un tesoro di umanità che va custodito e liberato. Paola Fedato Sono le parole - e il movimento - che Papa Francesco ha rivolto ai vescovi aprendo la 74esima Assemblea Generale della Conferenza episcopale Italiana Dal basso in alto: un’indicazione semplice ma davvero illuminante che basta a dare senso all’intero percorso del cammino sinodale Parole guida dal Magistero di papa Francesco Due compiti affidati: esercitare uno sguardo contemplativo su persone e culture Incontro del Santo Padre Francesco con i partecipanti al convegno della diocesi di Roma Basilica di San Giovanni in Laterano, giovedì 9 maggio 2019 Papa Francesco E’ vero che le Beatitudini donate da Dio non sono il nostro "piatto forte": dobbiamo imparare ancora; dobbiamo cercare per questa strada di offrire ai nostri concittadini il piatto forte che li farà crescere. E quando lo trovano, ecco che la fede fiorisce, mette radici, si innesta nella vigna che è la Chiesa da cui riceve la linfa della vita dello Spirito. Pensiamo di dovere offrire altro al mondo, se non il Vangelo creduto e vissuto? Vi prego, non scandalizziamo i piccoli offrendo lo spettacolo di una comunità presuntuosa... […] A Firenze chiesi a tutti i partecipanti al Convegno di riprendere in mano la Evangeliigaudium . Questo è il secondo punto di partenza dell’evangelizzazione post-conciliare. Perché dico "secondo punto di partenza"? Perché il primo punto di partenza è il documento più grande uscito dal dopo-Concilio: la Evangeliinuntiandi [di Paolo VI, 8 dicembre 1975]. L’ Evangeliigaudium è un aggiornamento, un’imitazione dell’Evangeliinuntiandi per l’oggi, ma la forza è il primo. Prendete in mano la Evangeliigaudium , ritornate sul percorso di trasformazione missionaria delle comunità cristiane che è proposto nelle pagine dell’Esortazione. Lo stesso chiedo a voi, indirizzandovi in particolare a una parte del secondo capitolo dell’ Evangeliigaudium , quello delle sfide all’evangelizzazione, le sfide della cultura urbana: i numeri che vanno dal 61 al 75. Faccio due sottolineature, che, in vista del cammino del prossimo anno, rappresentano anche i due compiti che vi affido. 1) Esercitare uno sguardo contemplativo sulla vita delle persone che abitano la città. Guardare. E per far questo, in ogni parrocchia cerchiamo di comprendere come vivono le persone, come pensano, cosa sentono gli abitanti del nostro quartiere, adulti e giovani; cerchiamo di raccogliere storie di vita. Storie di vite esemplari, significative di quello che vive la maggioranza delle persone. Possiamo raccogliere queste storie di vita interrogando con amicizia i genitori dei bambini e dei ragazzi, o andando a trovare gli anziani, o intervistando i giovani a scuola, d’intesa con i loro insegnanti. Ho menzionato gli anziani: per favore, non dimenticateli. Adesso sono più curati perché, siccome manca il lavoro e l’anziano ha la pensione, lo curano meglio, l’anziano… Ma fate parlare i vecchi: non per diventare antiquati, no, per avere l’odore delle radici e potere andare avanti radicati. Noi, con questa tecnologia del virtuale, rischiamo di perdere il radicamento, le radici, di diventare sradicati, liquidi - come diceva un filosofo - oppure, come piace piuttosto dire a me, gassosi, senza consistenza, perché non siamo radicati e abbiamo perso il succo delle radici per crescere, per fiorire, per dare frutti. Facciamo parlare gli anziani: non dimenticatevi di questo. Un ascolto della gente che sempre più è il grido dei piccoli. Ma soprattutto abbiate uno sguardo contemplativo, per avvicinarsi con questo sguardo… E avvicinarsi toccando la realtà. Il tatto, dei cinque sensi, è il più pieno, il più completo. 2) Secondo compito: esercitare uno sguardo contemplativo sulle culture nuove che si generano nella città. […]. Nella Evangeliigaudium ho sottolineato che sono proprio i contesti urbani i luoghi dove viene prodotta una nuova cultura: nuovi racconti, nuovi simboli, nuovi paradigmi, nuovi linguaggi, nuovi messaggi (cfr n. 73). Occorre capirli; trovarli e capirli. E tutto questo produce del bene e del male. Il male è spesso sotto gli occhi di tutti: "cittadini a metà, non cittadini, avanzi urbani" (ibid., 74), perché ci sono persone che non accedono alle stesse possibilità di vita degli altri e che vengono scartate; segregazione, violenza, corruzione, criminalità, traffico di droga e di esseri umani, abuso dei minori e abbandono degli anziani. Si generano così delle tensioni insopportabili. […] Ma nella città c’è anche tanto bene, perché ci sono luoghi positivi, luoghi fecondi: lì dove i cittadini si incontrano e dialogano in maniera solidale e costruttiva, ecco che si crea "un tessuto connettivo dove persone e gruppi condividono diverse modalità di sognare la vita, immaginari simili, e si costituiscono nuovi settori umani, territori culturali invisibili" (ibid.). […] Grazie! Primo compito: Esercitare uno sguardo contemplativo sulla vita delle persone che abitano la città Secondo compito: esercitare uno sguardo contemplativo sulle culture nuove che si generano nella città[…]. Previous Next

  • IL POPOLO n. 36 del 26.09.2021

    < Back IL POPOLO n. 36 del 26.09.2021 IL POPOLO ​ Verso l’Assemblea sinodale Adulti o adultescenti? Cosa sta accadendo al mondo dei grandi? Verso l’Assemblea sinodale Adulti o adultescenti? Cosa sta accadendo al mondo dei grandi? Realtà o finzione? Gli adulti rappresentati nei film fuggono dalle loro responsabilità genitoriali, antepongono a qualsiasi altra cosa la ricerca della loro (presunta) felicità, indossano maschere di facciata per nascondere comportamenti o cedimenti adolescenziali. Solo caricature o le commedie fotografano stili di vita e modelli esistenziali ormai diffusi e radicati? E’ di pochi giorni fa l’ennesimo passaggio televisivo di un film del 2017 firmato da Riccardo Milani e intitolato Mamma o papà in cui due genitori in procinto di divorzio negoziano col giudice l’affidamento dei tre figli e fanno tutto il possibile affinché venga assegnato all’altro/a coniuge. La trama si sviluppa insomma attorno all’improbabile (chissà poi quanto) situazione in cui i genitori cercano letteralmente di liberarsi dall’impegno genitoriale perché gravoso e di ostacolo ai loro progetti professionali e di vita. Di qualche anno prima (2009) è il film Ex , diretto da Fausto Brizzi e anch’esso costruito attorno a una vicenda di separazione e al contrappasso dagli stretti vincoli coniugali e all’agognata sbornia di libertà post-matrimoniale. Perfetti sconosciuti , pellicola del 2016 di Paolo Genovese è ormai considerata un cult-movie, anche in ragione del primato di film con il maggior numero di remake nella storia del cinema: un gruppo di amici adulti durante una cena improvvisa un pericoloso gioco in cui ciascuno accetta di rendere pubbliche agli altri commensali le proprie telefonate, i propri SMS, le proprie chat di What’sApp. L’esito sarà tragico. Sono sufficienti questi tre esempi di successi al botteghino (ma tanti altri se ne potrebbero fare) per domandarsi se si tratti di spaccati di realtà o pura finzione cinematografica. Gli adulti rappresentati in questi film fuggono dalle loro responsabilità genitoriali , antepongono a qualsiasi altra cosa la ricerca della loro (presunta) felicità, indossano maschere di facciata per nascondere comportamenti o cedimenti adolescenziali. Si tratta solo di caricature, volutamente accentuate per far divertire lo spettatore, o le commedie, come spesso accade, non fanno altro che fotografare con la giusta dose di ironia stili di vita e modelli esistenziali oramai diffusi e radicati? Passando dal faceto al serio, il noto costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ha pubblicato qualche anno fa un pamphlet dal titolo inequivocabile - Senza adulti (Einaudi, 2016) - in cui denuncia il pericolo della scomparsa dell’età matura e della pienezza in nome dell’incessante esaltazione della giovinezza. Il sociologo Stefano Laffi ha analizzato la cosiddetta "condizione giovanile" individuando negli adulti e nella loro crisi di identità i principali responsabili del disorientamento dei millennials (La congiura contro i giovani. Crisi degli adulti e riscatto delle nuove generazioni , Feltrinelli, 2014). L’antropologo Marco Aime e lo psicologo Gustavo PietropolliCharmet hanno riflettuto sulla dilagante somiglianza fra adolescenti e adulti (negli atteggiamenti come nei costumi) e si sono domandati come sia possibile "diventare grandi" in un mondo dove non esistono più conflitti generazionali (La fatica di diventare grandi. La scomparsa dei riti di passaggio , Einaudi, 2014). Anche in questo caso la rassegna potrebbe essere ben più ampia, ma già le poche fonti appena citate, decisamente più autorevoli delle commedie da cui siamo partiti, cominciano a fornire qualche indizio in più su quella che potremmo definire una "crisi della condizione adulta" dai contorni multiprospettici: giuridici, antropologici, sociologici e psicologici. Negli anni Ottanta, dunque in tempi non sospetti, lo psicologo americano Dan Kiley aveva già tratteggiato le caratteristiche di questa crisi identitaria elaborando la nota "Sindrome di Peter Pan" , considerata da qualcuno una sorta di attualizzazione del pueraeternus di ovidiana memoria. Oggi si tende piuttosto a parlare di adultescenza , termine entrato nel vocabolario della lingua italiana nel 2014 e che riassume nella crasi linguistica fra "adulto" e "adolescente" tutte le contraddizioni dell’immaturità di chi, invece, sarebbe atteso da compiti di responsabilità. La prima di queste responsabilità non può che essere quella educativa , perché dietro la scomparsa degli adulti si cela il rischio - ahinoi - di una tragedia pedagogica: sono educativamente tragiche le situazioni in cui i genitori delegano sistematicamente le loro funzioni e i loro doveri ad altri salvo poi criticarne l’operato, sconfessando patti e alleanze comunitarie (prima fra tutte quella con la scuola); sono educativamente tragici i modi di vivere l’adultità secondo canoni giovanili (o giovanilistici) per sentirsi ancora legittimati alla sperimentazione, alla ricerca del limite, a smarcarsi facilmente da legami affettivi e amorosi; sono educativamente tragiche, infine, tutte quelle circostanze in cui la relazione asimmetrica genitori-figli si tramuta in forme di complicità che non sono mai "avanguardia pedagogica", ma solo comodi escamotage per evitare sul nascere ogni forma di conflitto o disapprovazione. Non è certo l’occasione di un’Assemblea sinodale diocesana a poter risolvere simili emergenze educative, ammesso che delle soluzioni esistano; di sicuro, una Chiesa capace di situarsi nella società di oggi, fra le sue pieghe e contraddizioni, non può trascurarle. Il primo quaderno preparatorio all’Assemblea dell’aprile scorso aveva puntualmente registrato "lo stordimento e lo smarrimento delle nuove generazioni senza padri e madri, la frammentarietà e deresponsabilizzazione di tanti adulti" (p. 16). Ora - in piena armonia con lo spirito sinodale che ci accompagna - si tratta di tradurre l’osservazione in progettualità assembleare e capire attraverso quali spazi dell’azione pastorale diocesana arginare la diffusione di stili adultescenti per risintonizzare il mondo degli adulti sui compiti di magistralità, responsabilità e testimonianza che è lecito attendersi da loro. Matteo Cornacchia Dal Discorso del Santo Padre ai fedeli della Diocesi di Roma 18 settembre 2021 Il significato di una Chiesa sinodale Chiesa sinodale significa Chiesa sacramento di questa promessa - cioè che lo Spirito sarà con noi - che si manifesta coltivando l’intimità con lo Spirito e con il mondo che verrà. Ci saranno sempre discussioni, grazie a Dio, ma le soluzioni vanno ricercate dando la parola a Dio e alle sue voci in mezzo a noi; pregando e aprendo gli occhi a tutto ciò che ci circonda; praticando una vita fedele al Vangelo; interrogando la Rivelazione secondo un’ermeneutica pellegrina che sa custodire il cammino cominciato negli Atti degli Apostoli. E questo è importante: il modo di capire, di interpretare. Un’ermeneutica pellegrina, cioè che è in cammino. Il cammino che è incominciato dopo il Concilio? No. È incominciato con i primi Apostoli, e continua. Quando la Chiesa si ferma, non è più Chiesa , ma una bella associazione pia perché ingabbia lo Spirito Santo. Ermeneutica pellegrina che sa custodire il cammino incominciato negli Atti degli Apostoli. Diversamente si umilierebbe lo Spirito Santo. Gustav Mahler - questo l’ho detto altre volte - sosteneva che la fedeltà alla tradizione non consiste nell’adorare le ceneri ma nel custodire il fuoco. Io domando a voi: "Prima di incominciare questo cammino sinodale , a che cosa siete più inclini: a custodire le ceneri della Chiesa, cioè della vostra associazione, del vostro gruppo, o a custodire il fuoco? Siete più inclini ad adorare le vostre cose, che vi chiudono - io sono di Pietro, io sono di Paolo, io sono di questa associazione, voi dell’altra, io sono prete, io sono Vescovo - o vi sentite chiamati a custodire il fuoco dello Spirito? È stato un grande compositore, questo Gustav Mahler, ma è anche maestro di saggezza con questa riflessione. Dei Verbum (n. 8) , citando la Lettera agli Ebrei, afferma: ""Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri" (Eb 1,1), non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio". C’è una felice formula di San Vincenzo di Lérins che, mettendo a confronto l’essere umano in crescita e la Tradizione che si trasmette da una generazione all’altra, afferma che non si può conservare il "deposito della fede" senza farlo progredire: "consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età" (Commonitoriumprimum, 23,9) - "ut annisconsolidetur, dilatetur tempore, sublimeturaetate". Questo è lo stile del nostro cammino: le realtà, se non camminano, sono come le acque. Le realtà teologiche sono come l’acqua: se l’acqua non scorre ed è stantia è la prima a entrare in putrefazione. Una Chiesa stantia incomincia a essere putrefatta. Vedete come la nostra Tradizione è una pasta lievitata , una realtà in fermento dove possiamo riconoscere la crescita, e nell’impasto una comunione che si attua in movimento: camminare insieme realizza la vera comunione. È ancora il libro degli Atti degli Apostoli ad aiutarci , mostrandoci che la comunione non sopprime le differenze. È la sorpresa della Pentecoste, quando le lingue diverse non sono ostacoli: nonostante fossero stranieri gli uni per gli altri, grazie all’azione dello Spirito "ciascuno sente parlare nella propria lingua nativa" (At 2,8). Sentirsi a casa, differenti ma solidali nel cammino. Scusatemi la lunghezza, ma il Sinodo è una cosa seria, e per questo io mi sono permesso di parlare… Tornando al processo sinodale, la fase diocesana è molto importante , perché realizza l’ascolto della totalità dei battezzati, soggetto del sensusfidei infallibile in credendo . Papa Francesco Previous Next

  • IL POPOLO n. 11 del 20.03.2022

    IL POPOLO n. 11 del 20.03.2022 < Back Verso l’assemblea sinodale Azione cattolica diocesana Un cammino di domande aperte IL POPOLO Verso l’assemblea sinodale Azione cattolica diocesana Un cammino di domande aperte Come percorso sinodale, come Azione Cattolica diocesana, abbiamo pensato di affidare alcune domande proposte nel secondo quaderno del testo diocesano "Rimessi in cammino per un nuovo annuncio del Vangelo" ai singoli settori (Giovani e Adulti, all’ACR, al consiglio diocesano, ai presidenti parrocchiali e anche ai nostro soci impegnati nella amministrazioni comunali per raccogliere anche la loro esperienza. In seguito raccoglieremo le risposte e faremo una sintesi da inviare alla segreteria diocesana del Sinodo. Abbiamo scelto alcune domande generali per tutti: 12.1 Quali sono le domande e i bisogni importanti che cogliamo nel nostro tempo a partire da quanto accade (e con i quali la Chiesa dovrebbe confrontarsi); 12.2 Quali segni di Vita cogliamo. Dove scorgiamo l’azione e il richiamo dello Spirito in questo tempo; 19.1 Quali sono le sorgenti della nostra fede. Come alimentare il nostro sentirci comunità Chiesa, essere comunione, condivisione; E alcune altre domande specifiche in base ai percorsi che ciascun settore (giovani/adulti) e l’ACR, il consiglio diocesano stanno svolgendo in quest’anno associativo o al tipo di esperienza (es. ai presidenti parrocchiali per promuovere il percorso sinodale nelle proprie associazioni) sulle seguenti tematiche: - EVANGELIZZAZIONE: quali scelte fare per annunciare e trasmettere il Vangelo a partire dal coinvolgimento dei genitori, -FAMIGLIE come le famiglie possono essere aiutate a vivere con più consapevolezza il dono ricevuto nel matrimonio a come mettersi in ascolto delle situazioni di "irregolarità" affettiva. - GIOVANI: Quali proposte posso essere attuate dai giovani e per i giovani in una comunità cristiana, perché siano protagonisti della loro crescita umana, affettiva e spirituale e così possano scoprire il dono che Dio ha fatto loro per il bene del mondo - AMBIENTE: cambiamenti climatici, le guerre in molte parti del mondo, provocano migrazioni di popoli di diverse culture e appartenenze religiose. Come la comunità cristiana si sente coinvolta, annunciando il Vangelo a partire dall’essere accogliente verso queste situazioni. Quale segni concreti porre perché il nostro essere cristiano sia in dialogo con tutti. -FORME DI POVERTA’: come mantenere attenzione nei confronti di nuove forme di povertà che oggi minacciano la pace sociale e la dignità delle persone, di chi vive la malattia, il lutto - TEMI "ETICI": Quali occasioni di dialogo e confronto creare fra quanti hanno diverse opinioni a livello etico, così diffuse e confuse nella società di oggi? Come la comunità cristiana può portare il suo contributo sereno ed evangelico dentro tali dialoghi? - COMUNITA’ ECCLESIALE: Quali scelte fare nelle parrocchie per rendere i Consigli Pastorali Parrocchiali e i Consigli di Unità Pastorale luoghi di autentica e fattiva corresponsabilità? Come la comunità ecclesiale e la società posso aiutare il vescovo a vivere l’essere segno di unità e di sollecitudine verso tutti, di modo che nessuno venga dimenticato o si senta emarginato? Quali posso essere le priorità imprescindibili che ogni presbitero è chiamato a custodire e coltivare per il bene della Chiesa e, di conseguenza, quali mansioni, attività o impegni è necessario che tralasci? Quale può essere oggi il contributo del cristiano e delle comunità ecclesiali alla formazione di una società più giusta ed equa per far maturare in tutti il senso di cittadinanza e partecipazione alla cosa pubblica? I lavori sono in corso, ne raccoglieremo i risultati. Paola Colussi Presidente diocesana Azione Cattolica Abbiamo pensato di affidare alcune domande proposte nel secondo quaderno del testo diocesano "Rimessi in cammino per un nuovo annuncio del Vangelo"ai singoli settori (Giovani e Adulti, all’ACR), al consiglio diocesano, ai presidenti parrocchiali e anche ai nostro soci impegnati nella amministrazioni comunaliper raccogliere anche la loro esperienza. In seguito raccoglieremo le risposte e faremo una sintesi da inviare alla segreteria diocesana del Sinodo Identità culturale, religione e fede una sinodalità possibile? A molti è parso che il cammino sinodale voluto fermamente da Papa Francesco per tutta la Chiesa sia una delle sue fantasiose creazioni poco radicate nella realtà. Infatti ancora troppe persone, compresi membri del clero, resistono a lasciarsi coinvolgere dentro un’esperienza di Chiesa che oggi è necessario vivere per esistere. Diventa tanto più chiaro alla luce della guerra di questi giorni. Non bastava il terribile dolore che si è abbattuto su milioni di persone, le più fortunate in fuga, ma in maniera ancora più sconvolgente, si vengono ad aggiungere le parole di un vescovo, primate di tutte le Russie , che sostiene la guerra e la giustifica con collegamenti che hanno poca familiarità con le basi della logica. A detta sua, infatti, la distruzione della vita umana, che è quello che cade sotto i nostri occhi, non è lo scopo voluto da questa guerra; piuttosto la guerra è contro la cultura imperante che vuole togliere ogni identità culturale ai popoli che si riconoscono in determinati valori additati come cristiani. È chiaro a tutti che il ragionamento di questo vescovo è insostenibile e non si capisce come da una capo religioso, formato all’intelligenza del vangelo dell’inerme crocifisso, possano uscire parole che giustificano e sostengono la violenza. Cristianamente è inaccettabile e non vi è affermazione o esempio dato da Gesù che possa avvallare tali dichiarazioni, chiamate omelie. Mai Gesù ha fatto suo lo stile della violenza e del procurare la morte. Mai! Pur vestito da capo religioso, questo vescovo si è atteggiato a esperto politico, accusando genericamente il mondo occidentale di aver tradito le proprie radici cristiane. Infatti la nostra cultura avrebbe sostituto i valori di moralità fondati sulla legge divina con i disvalori di una cultura antropologicamente debole, perché incapace di chiamare i peccati con il proprio nome. Non è la prima volta, nella storia del cristianesimo , che si vede usare l’appartenenza religiosa per coprire un problema di identità culturale. Questa si forma con la pazienza dello studio e dell’ascolto, non la prepotenza della violenza e delle armi. La fede in Cristo può essere ridotta a un problema di appartenenza culturale? Se l’essere cristiani è solo un problema di identità culturale, allora non ha più senso credere alla missione degli apostoli, alla cattolicità della Chiesa, alla paternità universale di Dio. Il vangelo, in duemila anni, è stato sempre principio di discernimento dentro ogni cultura, perché si impari a valutare tutto e a tenere ciò che è buono (1Tessalonicesi 5,21-22). È questo il primo principio della morale cristiana che si trova nel più antico testo scritto dall’apostolo Paolo. La forma sinodale che papa Francesco intende dare a tutta la Chiesa vuole uscire dalle strettoie di un’identificazione tra fede in Cristo e cosiddette culture cristiane. Queste ultime esprimono la propria fede nel contesto dei propri codici culturali, ma la fede in Cristo è un dono per tutti. Se in nome della propria appartenenza religiosa o culturale si riuscisse a vanificare la croce di Cristo, dono gratuito della paternità di Dio per tutta l’umanità, allora qui non si fa il gioco di colui che vince, ma di colui che ha sempre perso. L’esperienza sinodale è una grande sfida che chiede a tutti i credenti di essere memoria non di tradizioni umane, ma di essere segni viventi del crocifisso risorto che non ha mai avuto paura di confrontarsi con nessuna persona né di fronteggiare alcun prodotto della mente umana. Le culture dei popoli e l’identità di ciascuna persona crescono con la luce mite del vangelo e con il calore della carità, non con il fuoco incrociato dei cannoni. Questa situazione ci spinge a metterci dentro, con maggior tenacia, dentro il cammino sinodale, perché, per noi che siamo ben al di qua del Volga, ignorare questo stile, oggi necessario, vuol dire rifiutare la possibilità di vivere il vangelo nel nostro tempo. E se non possiamo viverlo oggi, quando? Maurizio Girolami Segretario generale Le parole del patriarca di tutte le Russie lasciano sconcertati. Non è la prima volta, nella storia del cristianesimo, che si vede usare l’appartenenza religiosa per coprire un problema di identità culturale. Ma mai Gesù ha fatto suo lo stile della violenza e del procurare la morte. Mai! Previous Next

  • IL POPOLO n. 20 del 16.05.2021

    < Back IL POPOLO n. 20 del 16.05.2021 IL POPOLO ​ L’assemblea sinodale: perché Per rimettere al centro della vita della Chiesa il Vangelo L’assemblea sinodale: perché Per rimettere al centro della vita della Chiesa il Vangelo Lo scopo primario dell’assemblea sinodale è rimettere al centro della vita della Chiesa il vangelo di Gesù Cristo, la sua persona, la forza del suo amore per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Non è un’assemblea impostata sul modello parlamentare, come ha spiegato recentemente il Papa all’Azione Cattolica Italiana. Piuttosto vuole essere un autentico momento di evangelizzazione, un tempo, cioè, dedicato all’ascolto più attento dello Spirito, il quale, attraverso la Parola di Dio e la storia del nostro oggi, ci guida verso il Regno dei cieli iniziato da Gesù. Non ci mettiamo in cammino per trovare strategie per convertire gli altri, ma ci concentriamo su come noi per primi possiamo lasciarci evangelizzare dalla presenza del Signore risorto che continua ad accompagnare i suoi discepoli. Questo perché le tante fatiche esistenti nella Chiesa e nelle nostre comunità sono dovute allo scarso entusiasmo, al diminuito amore, alla poco consistente convinzione della bellezza dell’essere cristiani e della forza di umanità che può promanare da chi è discepolo verace di Cristo. Se ci sono i segni di stanchezza, non è a causa dell’invecchiamento del vangelo, ma di una nostra scarsa disposizione e disponibilità a lasciarci coinvolgere da esso. Per compiere questo cammino, allora, c’è bisogno che noi ci riappropriamo delle parole, delle azioni e delle scelte compiute con tanta avvedutezza dal Maestro Gesù. Alcune di esse sono state caratterizzate in modo chiaro ed inequivocabile: un radicamento profondo nella Scrittura, un’appartenenza indiscussa al popolo d’Israele e alla sua storia, una scelta radicale di voler incontrare tutti i tipi di persone, una forma comunitaria di vita, una predicazione innervata dalla speranza del Regno e non solo concentrata a denunciare i mali del mondo, com’era tipico della profezia di Giovanni Battista. Tutte queste scelte hanno sempre avuto una forma comunitaria, perché Gesù nulla ha fatto se non con i suoi discepoli e, potremmo dire, per i suoi discepoli. Lui li ha chiamati e, sempre di sua iniziativa, li ha mandati in missione come se fossero lui stesso (cf. Lc 10,16). Questo dato deve farci riflettere molto sul senso di essere Chiesa. Siamo persone riconosciute nella nostra identità individuale, ma chiamate a costruire, ciascuno con i suoi doni e talenti, il popolo dell’alleanza. Un popolo, cioè, che non fa guerre, che non vive isolato nella propria ricchezza o nel proprio prestigio, un popolo che non è una tribù che deve difendere diritti di sangue o di terra. Non siamo un clan migliore degli altri, né tanto meno contro gli altri. Essere Chiesa significa accogliere la missione universale del Figlio di Dio. Universale in greco si dice cattolico. Speriamo che tale significato appartenga anche a chi si fregia del nome di cristiano. L’orizzonte di riferimento della missione cristiana è stato bene espresso da San Paolo in Gal 3,28: non ci sono differenze tra schiavi e liberi, tra Giudei e Greci, tra maschi e femmine. In Cristo siamo una sola cosa. Il momento dell’assemblea, allora, potrà essere un’occasione buona perché ciascuno, con i suoi doni e la sua vocazione nella Chiesa, possa rendere tangibile la bontà delle scelte di Gesù che ha sempre voluto accanto a sé i suoi discepoli. Essi, a quel tempo, erano consapevoli di avere tra le mani la vita e la vita in abbondanza (Gv 10,10). Speriamo che l’assemblea sinodale dia anche a noi questa convinzione. Maurizio Girolami Segretario Generale Non ci mettiamo in cammino per trovare strategie per convertire gli altri, ma ci concentriamo su come noi per primi possiamo lasciarci evangelizzare dalla presenza del Signore risorto che continua ad accompagnare i suoi discepoli Siamo persone riconosciute nella nostra identità individuale, ma chiamate a costruire, ciascuno con i suoi doni e talenti, il popolo dell’alleanza Parole guida dal Magistero di papa Francesco Fare Sinodo è camminare dietro al Signore verso la gente “La vostra Associazione è sempre stata inserita nella storia italiana e aiuta la Chiesa in Italia ad essere generatrice di speranza per tutto il vostro Paese. Voi potete aiutare la comunità ecclesiale ad essere fermento di dialogo nella società , nello stile che ho indicato al Convegno di Firenze. E la Chiesa italiana riprenderà, in questa Assemblea [dei Vescovi] di maggio, il Convegno di Firenze, per toglierlo dalla tentazione di archiviarlo, e lo farà alla luce del cammino sinodale che incomincerà la Chiesa italiana , che non sappiamo come finirà e non sappiamo le cose che verranno fuori. Il cammino sinodale, che incomincerà da ogni comunità cristiana, dal basso, dal basso, dal basso fino all’alto. E la luce, dall’alto al basso, sarà il Convegno di Firenze. Una Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale , che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra. In effetti, quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare , ma anzitutto uno stile da incarnare. E dobbiamo essere precisi, quando parliamo di sinodalità, di cammino sinodale, di esperienza sinodale. Non è un parlamento, la sinodalità non è fare il parlamento . La sinodalità non è la sola discussione dei problemi, di diverse cose che ci sono nella società... È oltre. La sinodalità non è cercare una maggioranza , un accordo sopra soluzioni pastorali che dobbiamo fare. Solo questo non è sinodalità; questo è un bel "parlamento cattolico", va bene, ma non è sinodalità. Perché manca lo Spirito. Quello che fa che la discussione, il "parlamento", la ricerca delle cose diventino sinodalità è la presenza dello Spirito: la preghiera, il silenzio, il discernimento di tutto quello che noi condividiamo. Non può esistere sinodalità senza lo Spirito , e non esiste lo Spirito senza la preghiera. Questo è molto importante. La Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale , che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra. In genere, anche i peccatori sono i poveri della terra. In effetti, quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare, una decisione pastorale da prendere, ma anzitutto uno stile da incarnare. In questo senso la vostra Associazione costituisce una "palestra" di sinodalità , e questa vostra attitudine è stata e potrà continuare ad essere un’importante risorsa per la Chiesa italiana, che si sta interrogando su come maturare questo stile in tutti i suoi livelli. Dialogo, discussione, ricerche, ma con lo Spirito Santo. Il vostro contributo più prezioso potrà giungere, ancora una volta, dalla vostra laicità, che è un antidoto all’autoreferenzialità. È curioso: quando non si vive la laicità vera nella Chiesa, si cade nell’autoreferenzialità. Fare sinodo non è guardarsi allo specchio , neppure guardare la diocesi o la Conferenza episcopale, no, non è questo. È camminare insieme dietro al Signore e verso la gente , sotto la guida dello Spirito Santo. Laicità è anche un antidoto all’astrattezza: un percorso sinodale deve condurre a fare delle scelte. E queste scelte, per essere praticabili, devono partire dalla realtà, non dalle tre o quattro idee che sono alla moda o che sono uscite nella discussione. Non per lasciarla così com’è, la realtà, no, evidentemente, ma per provare a incidere in essa, per farla crescere nella linea dello Spirito Santo, per trasformarla secondo il progetto del Regno di Dio. Fratelli e sorelle, auguro buon lavoro alla vostra Assemblea. Possa contribuire a far maturare la consapevolezza che, nella Chiesa, la voce dei laici non dev’essere ascoltata "per concessione", no. A volte la voce dei preti, o dei vescovi, dev’essere ascoltata, e in alcuni momenti "per concessione"; sempre dev’essere "per diritto". Ma anche quella dei laici "per diritto", non "per concessione". Ambedue. Dev’essere ascoltata per convinzione, per diritto, perché tutto il popolo di Dio è "infallibile in credendo". E benedico di cuore voi e tutte le vostre associazioni territoriali. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché questo lavoro non è per niente facile! Grazie. Udienza ai Membri del Consiglio Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, 30 aprile 2021 Quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare ma anzitutto uno stile da incarnare Una Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale, che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra Previous Next

  • IL POPOLO n. 04 del 30.01.2022

    IL POPOLO n. 04 del 30.01.2022 < Back Vocazioni: quali frutti dal cammino sinodale? IL POPOLO Vocazioni: quali frutti dal cammino sinodale? Stiamo vivendo il sinodo diocesano e più precisamente la fase dell’ascolto. Così vogliamo chiamare questo tempo nel quale in ogni parrocchia della diocesi si è invitati a trovare luoghi, occasioni e modalità per ascoltare l’esperienza di tutti i battezzati, e magari anche di chi non lo è, e tuttavia può avere qualcosa da dire alla comunità cristiana. Nei due Quaderni preparati per il cammino sinodale il Vescovo fa una lettura della realtà, frutto della visita pastorale e dell’esperienza di questi anni in diocesi, lettura condivisa dalla segreteria generale del sinodo. Chiama per nome le difficoltà che la chiesa sta vivendo, anche questa chiesa locale: diminuzione della partecipazione alla messa domenicale, scarsa presenza dei giovani nelle comunità parrocchiali, faticoso coinvolgimento dei genitori nella trasmissione della fede ai figli, poca conoscenza e condivisione dei valori cristiani da parte dei battezzati ed evidente riduzione delle vocazioni al matrimonio cristiano, al sacerdozio e alla vita consacrata. Mi soffermo in queste righe sull’ultima difficoltà citata, quella della carenza di vocazioni nella Chiesa , nella consapevolezza che essa è legata alle difficoltà elencate in precedenza. Il cammino sinodale , soprattutto in questa fase dell’ascolto, ci può offrire l’occasione di comprendere i motivi della "frattura" fra i battezzati e la realtà ecclesiale e del venir meno delle vocazioni in generale, in primis quelle di speciale consacrazione nella chiesa, ma anche quelle al matrimonio cristiano. Sappiamo bene, oramai da tempo, che la società e la cultura sono cambiate e che il tessuto nel quale viviamo non è più quello cristiano, nel quale molti di noi sono cresciuti. Ma forse la distanza che si è creata non è solo dovuta a questioni culturali. Se ci fermassimo ad ascoltare alcuni dei "lontani" o degli "indifferenti" ci parlerebbero anche di deludenti esperienze personali, di relazioni faticose fra chi collabora in parrocchia e chi la guida… esperienze che hanno provocato incomprensioni, sofferenza, amarezze, paralisi, fughe. Altri forse non hanno sentito nutrimento nei percorsi spirituali e celebrativi vissuti dentro la comunità o hanno visto l’incoerenza fra le parole e i fatti. Si può anche dire che, in tutto il tempo vissuto dentro la comunità cristiana, non abbiano scoperto ciò che sta a fondamento di tutto, cioè la relazione con il Signore Gesù che dà pienezza alla vita e che ci rende capaci di creare relazione con gli altri. L’appartenenza e l’identità cristiana non è tanto questione di idee e di contenuti ma si fonda sull’incontro con una persona e sull’instaurarsi di una relazione che trasforma ogni cosa. Eppure la Parola di Dio , come si dice nella Lettera agli Ebrei, è viva ed efficace. E certamente, anche in questo tempo faticoso, Dio continua a chiamare, a fidarsi di noi e a chiedere la nostra collaborazione per costruire il suo Regno. C’è bisogno allora di educare alla relazione con Dio , di formare all’ascolto di Colui che ha cura della nostra vita, spesso a nostra insaputa. Formarci all’ascolto di Dio, della sua Parola, è il primo passo per far crescere la consapevolezza del compito che Lui ci ha affidato fin dal battesimo e che attende di incrociare la nostra libera e consapevole risposta. Oggi però, lo sappiamo bene, ascoltare è sempre più difficile perché ci chiede di decentrarci, di metterci nei panni dell’altro o meglio ancora di "ospitarlo" nella nostra vita. E se non sappiamo o non vogliamo ascoltare l’altro come possiamo pensare di saper ascoltare Dio e la sua parola? Ecco da dove ripartire per prendere coscienza della vocazione battesimale e della vocazione personale che Dio ci propone per aiutarci a realizzare più concretamente quei talenti che ha seminato nella nostra vita. Formarsi all’ascolto e riscoprire il valore del battesimo da parte dei cristiani è fondamentale per valutare questo cammino sinodale e per giungere al cambiamento di cui oggi c’è bisogno. Ripartiamo dunque dall’ascolto , quello interiore per saper riconoscere i nostri desideri più profondi, ma anche quello della realtà che ci circonda con i suoi bisogni e le sue fragilità, senza dimenticare quella voce di Dio che vuole aiutarci a realizzare i nostri desideri più veri, rispondendo alle necessità del mondo e della Chiesa. Per questo nei Quaderni sinodali troviamo un riferimento esplicito alla vocazione nel Capitolo II, dal titolo "Il battesimo: sorgente della fede". Inoltre, sfogliando le pagine dei Quaderni sinodali, troviamo nel Capitolo IV, il tema de "Il ministero ordinato e sulle forme di ministerialità della vita consacrata e laicale" con alcune domande che toccano più direttamente l’argomento della vocazione, partendo dal ministero del presbitero, guardando alla vita consacrata e ai ministeri dei laici nella comunità. A questo proposito il 23 gennaio u.s., nella Domenica della Parola, per la prima volta Papa Francesco ha conferito a laici , uomini e donne di diversi Paesi del mondo, il ministero del Lettorato e quello del Catechista . Il Papa ha applicato quanto previsto dal can. 230 del Codice di Diritto Canonico riconoscendo che è venuto il tempo di aprire ai laici quei ministeri che in precedenza erano riservati a chi doveva accedere all’ordine sacro perché tali ministeri essendo basati sul sacramento del battesimo possono essere affidati a tutti i fedeli che siano ritenuti idonei. Per concludere ritorno alla domanda iniziale : il cammino sinodale potrà provocare un risveglio vocazionale al presbiterato, alla vita religiosa, al matrimonio cristiano e al ruolo dei battezzati nella comunità? Credo di sì… se la Chiesa, anche quella locale, sarà capace di mettersi davvero in ascolto di tutti. Se i giovani saranno coinvolti in questo percorso e impareranno ad ascoltare la voce di Dio attraverso i loro desideri più profondi e le necessità del mondo in cui vivono. Se le famiglie cristiane saranno aiutate a prendere consapevolezza del dono ricevuto nel matrimonio e di essere i primi trasmettitori della fede ai figli. E se ciascuno di noi , guardando al tessuto della comunità cristiana, vedrà esempi di collaborazione fra uomini e donne, di stima reciproca fra preti, laici e consacrati… allora vorrà dire che è cresciuta la consapevolezza del compito e del contributo che ciascun battezzato può dare nella comunità. A ciascuno di noi serve oggi un po’ di quel coraggio e di quella capacità che ebbe San Francesco di Assisi di guardare alle fragilità della Chiesa attivandosi per ricostruirla dall’interno. Certamente ciò che fece Francesco dopo aver ascoltato la voce del Crocifisso che gli parlò nella chiesetta in rovina a San Damiano fu un po’ ingenuo, solo dopo comprese che non era l’edificio di mattoni che andava ricostruito. Tuttavia pur senza comprendere del tutto quella voce non fuggì, non criticò spietatamente, ma fece l’unica cosa che poteva fare in quel momento… si mise a riparare quelle rovine e diede l’esempio con la sua vita. Suor Claudia Berton Il cammino sinodale, soprattutto in questa fase dell’ascolto, ci può offrire l’occasione di comprendere i motivi della "frattura" fra i battezzati e la realtà ecclesiale e del venir meno delle vocazioni in generale, in primis quelle di speciale consacrazione nella chiesa, ma anche quelle al matrimonio cristiano Stiamo vivendo il sinodo diocesano e più precisamente la fase dell’ascolto. Così vogliamo chiamare questo tempo nel quale in ogni parrocchia della diocesi si è invitati a trovare luoghi, occasioni e modalità per ascoltare l’esperienza di tutti i battezzati, e magari anche di chi non lo è, e tuttavia può avere qualcosa da dire alla comunità cristiana Nei due Quaderni preparati per il cammino sinodale il Vescovo fa una lettura della realtà, frutto della visita pastorale e dell’esperienza di questi anni in diocesi, lettura condivisa dalla segreteria generale del sinodo Eppure la Parola di Dio, come si dice nella Lettera agli Ebrei, è viva ed efficace. E certamente, anche in questo tempo faticoso, Dio continua a chiamare, a fidarsi di noi e a chiedere la nostra collaborazione per costruire il suo Regno Previous Next

  • IL POPOLO n. 48 del 19.12.2021

    < Back IL POPOLO n. 48 del 19.12.2021 IL POPOLO ​ Verso l’assemblea Il cammino sinodale è in dialogo con il mondo Verso l’assemblea Il cammino sinodale è in dialogo con il mondo La macchina organizzativa del cammino sinodale si è messa in moto, pur tra qualche incertezza ed anche qualche resistenza. Come previsto nel Terzo quaderno (Il Regolamento), appena pubblicato, nei mesi di dicembre 2021-marzo 2022 si avvieranno tanti focus per confrontarsi sulle innumerevoli piste tematiche e proposte presentate nel Secondo quaderno. Si è ben consapevoli, come ha evidenziato il vescovo nell’incontro con il clero del 9 dicembre, che l’ascolto ad intra è più agevole, più semplice da organizzare e più familiare anche negli esiti possibili. Si tratta infatti di confrontarsi tra catechisti, operatori pastorali, CPP, cori, operatori liturgici ecc. E’ l’ascolto ad extra il più complesso da organizzare perché vanno non solo individuate le tipologie dei destinatari, ma bisogna pure sondarne le disponibilità e reperirle oltre a preparare delle tracce di lavoro e confronto (sempre a partire dal Secondo quaderno) rispettose, agevoli, agopunturali… Come in un sogno sarebbe bello che ci si potesse confrontare su ambiti particolarmente impegnativi, forse innovativi, talaltro anche sconcertanti. Venga recepito in questa sede solo come un esercizio di riflessione virtuale. Papa Francesco nel suo discorso di avvio del V Convegno ecclesiale di Firenze invitava i delegati a osservare il Giudizio universale presente nella Cattedrale di Firenze. All’apice si trova il Cristo trionfante ma con i segni della passione e perché tutti ben comprendano vi è la scritta "Ecce homo", per ridire a tutte le generazioni che "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,17). Continua il papa: "Nella luce di questo Giudice di misericordia […] possiamo parlare di umanesimo […]. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che si ricompone la nostra umanità, anche quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. […] Gesù è il nostro umanesimo". UN PRIMO CONFRONTO Un primo confronto con il mondo è quello di dirci che cosa possiamo fare insieme per ricostruire un nuovo umanesimo capace di misericordia, di tenerezza, di perdono verso l’uomo e la donna d’oggi. La riflessione sarà ponderosa e le scelte di realtà potranno essere formidabili ed innovative. È ineludibile un confronto con i luoghi di produzione culturale (Università, Scuole, Centri di ricerca …) per ridirci chi sia l’uomo nella sua essenza e nel suo nucleo indefettibile per poi operare di conseguenza negli ambiti del lavoro, della famiglia/e, della affettività/sessualità, del tempo libero, della cittadinanza, della malattia/sofferenza e morte (Cfr. Messaggio finale del Convegno di Verona). Sarà un ascolto-confronto autentico facendo spazio a quanto l’altro ci va dicendo e svuotandoci dei nostri schemi mentali, dei nostri pregiudizi, dei nostri muri. Ci vorrà tempo, tenacia e pazienza a partire da noi stessi, ma non possiamo più traccheggiare. UN SECONDO CONFRONTO Un altro spazio di riflessione/confronto , che peraltro emerge anche nei consueti e comuni dialoghi, riguarda le modalità d’uso dei beni della chiesa a favore degli ultimi, delle famiglie, dei giovani. Non si tratta di perseguire un pauperismo d’antan , si tratta di editare nuove motivazioni, scopi, finalità che vanno incontro all’uomo d’oggi con umiltà e disinteresse, "perché l’umanità del cristiano è sempre in uscita. Non è narcisistica, autoreferenziale" (Papa Francesco, Discorso di avvio Convegno di Firenze). Le nuove forme hanno da incrociare il governo della cosa pubblica, in un intenso dialogo a favore di tutti, avendo ben presente quanto il papa in Evangelii gaudium, 49 ci suggerisce spronandoci: "[Evitiamo] di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione". E in merito al governo della cosa pubblica senz’altro fecondo potrà essere il confronto, che non significa voler riesumare antichi collateralismi, ma sorretto dalla consapevolezza di fare nostro quanto scrive san Paolo ai Filippesi "Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri" (Fil 2,4). L’opzione per i poveri non è il pallino (inteso come idea fissa, mania …) del papa (e molti lo pensano) perché i poveri sono, con una plasticità unica, la carne di Cristo; cosa ne conseguirà? UN TERZO CONFRONTO Non ultimo sarebbe importante riprendere la riflessione e le conseguenti scelte sull’educare. L’episcopato italiano per il decennio 2010-2020 offriva alcune linee di fondo sull’educazione con il documento "Educare alla vita buona del Vangelo". Invero non s’è fatto molto. Pur essendo un documento lucido e stimolante è andato nel dimenticatoio, come molto spesso accade a tanti documenti magisteriali. Parlare di emergenza educativa è del tutto pleonastico . Con il mondo, con chi ha cura delle nuove generazioni s’ha da fare un nuovo patto, rispettoso della storia e delle appartenenze di ognuno ma con la chiara volontà di operare sinergicamente a favore dei ragazzi e ragazze d’oggi, nostro futuro. Il papa a Firenze ha parlato di sogno e invitava tutte le chiese e comunità cristiane "ad avviare in modo sinodale un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni…". Ci siamo. diac. G. Mauro Dalla Torre Delegato vescovile per la Cultura Nei mesi di dicembre 2021-marzo 2022 si avvieranno tanti focus per confrontarsi sulle innumerevoli piste tematiche e proposte presentate nel Secondo quaderno Come in un sogno sarebbe bello che ci si potesse confrontare su ambiti particolarmente impegnativi, forse innovativi, talaltro anche sconcertanti INCONTRO IN SEMINARIO DIOCESANO Un cammino sinodale condiviso per promuovere una "conversione pastorale" Giovedì 9 dicembre i sacerdoti si sono incontrati nell’auditorium del Seminario, nel rispetto delle attuali disposizioni anti Covid, per mettere a fuoco il tema della sinodalità, col vescovo Giuseppe; il biblista don Maurizio Girolami che ha introdotto l’incontro; don Davide Brusadin, del servizio informatico, con la trasmissione su schermo. IL VESCOVO GIUSEPPE Il vescovo Pellegrini ha condiviso quanto in precedenza aveva approfondito con i membri del Consiglio Presbiterale, giovedì 2 dicembre. Queste le premesse. 1. Il tempo presente richiede , a quanti vogliono "essere Chiesa, di avvicinarsi alla realtà, cogliendo opportuni spunti di spiritualità e rinnovamento, e traducendoli in scelte pastorali, che pongano al centro il messaggio di Gesù Cristo e l’impegno a favore delle situazioni di fragilità". Creando ponti di collaborazione con l’uomo di domani, rendendo la vita di fede sempre più adeguata al dibattito culturale in corso. 2. "Interrogarsi sulle scelte alle quali dare la precedenza", come egli stesso cerca di fare, in questi 11 anni di presenza in diocesi, lieto di maturare una relazione sempre più attenta alle persone e ai tempi, lasciandosi guidare dalla Parola di Dio e dall’azione dello Spirito Santo. 3. Vivendo e auspicando che l’attuale situazione "offra la possibilità a tutti i consacrati e ai laici, di maturare una più profonda consapevolezza dell’essere ’credenti ed evangelizzatori’, sullo stile di quanto Papa Francesco ha scritto nell’Evangelii Gaudium (n 120): In base al battesimo, ogni membro del Popolo di Dio è soggetto attivo dell’evangelizzazione, vivendo lo spirito missionario". Contenuti. "Si tratta di vivere il proprio essere Chiesa, da testimoni che si rinnovano grazie al cammino di fede. Nella consapevolezza che il Vangelo non si annuncia da seduti, ma in cammino" (Papa Francesco, ai Vescovi, 8 settembre 2018). Con lo spirito del Vangelo siamo chiamati ad un’autentica conversione, nel cogliere le esigenze dell’uomo d’oggi (n 236-37 della Evangelii Gaudium). È qui che si colloca lo spirito di "sinodalità". Anche se ci si sente impreparati, è bene non lasciarsi spaventare. "Si vince la paura grazie al cambiamento . Cambiare significa guidare senza il navigatore e senza cartina stradale, allontanandosi dal tragitto di tutti i giorni". Come fare? "O si trova una strada, o se ne costruisce una". È la dinamica del "convertitevi e credete al Vangelo" (Marco 1,15). Si tratta di promuovere una "conversione pastorale , fatta di un rinnovato ascolto". L’ascolto non è una "premessa", ma fa già parte della sinodalità. ALTRI INTERVENTI Tra gli interventi, condivisi anche la sera, coi vice presidenti dei Consigli pastorali parrocchiali, assieme ad alcuni altri laici, si sottolinea il contributo di Anita Cervi , responsabile della formazione dello spirito missionario, col Centro Unitario per la formazione Missionaria, di Verona. Oltre a condividere la vita familiare , col marito e quattro figli, svolge il ruolo di "facilitatrice" , nel dialogo ecclesiale. È consapevole che "il mio punto di vista, è solo il punto di vista, di un punto", e non l’universalità dei punti di vista". Esiste una differenza tra l’ascoltare con le orecchie e ascoltare col cuore. Occorre l’accoglienza dell’altro , anche col viso e la corporeità. La sintonia con le persone e col creato nasce dalla consapevolezza che sgorga dallo spirito di accoglienza, dal saper fare posto all’altro. È utile conoscere anche i pregiudizi che ci sono in noi, che possono fare da ostacolo all’ascolto empatico. Si acquisisce maturando la capacità di far rimbalzare nel proprio cuore quanto dicono gli altri e come lo dicono. Elle Ci Previous Next

  • IL POPOLO n. 21 del 23.05.2021

    < Back IL POPOLO n. 21 del 23.05.2021 IL POPOLO ​ L’assemblea sinodale: i tempi La fase di ascolto finirà ad ottobre 2021, tutto sarà raccolto in un Istrumentum laboris per la primavera 2022 L’assemblea sinodale: i tempi La fase di ascolto finirà ad ottobre 2021, tutto sarà raccolto in un Istrumentum laboris per la primavera 2022 L’Assemblea sinodale che ci apprestiamo a vivere è solo un tratto di un cammino ecclesiale di più ampio respiro. È bene non perdere di vista l’orizzonte nel quale ci si muove, per non dimenticarsi né da dove si viene né, soprattutto, verso dove si è diretti. Il punto di origine è la missione affidata da Gesù ai suoi primi discepoli. L’evento ecclesiale più vicino a noi è il Concilio Vaticano II. Lì lo Spirito di Gesù ha parlato in modo chiaro e convincente su come la sua Chiesa è chiamata ad essere presenza sua nel mondo contemporaneo. Lo spirito di quel grande sinodo è fresco e attende ancora di prendere forma concreta in tanti aspetti della vita cristiana. I Papi, da Giovanni XIII a Francesco, ciascuno con il suo carisma, hanno tenuto fermo il timone della barca di Pietro, perché tutta la Chiesa potesse navigare a gonfie vele sospinta dal soffio dello spirito del Vaticano II. Francesco, che guarda all’Europa e all’Italia con lo sguardo di chi conosce molto bene anche l’altro mondo , nel 2015, a Firenze, in occasione del V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, ci ha messo di fronte una sfida molto importante che, a distanza di sei anni, ha ripreso recentemente con i catechisti lo scorso 30 gennaio e con l’Azione Cattolica il 30 aprile 2021. Chiede una Chiesa italiana inquieta , sensibile e pronta alle sollecitudini dello Spirito, capace di affrontare il cambiamento d’epoca con il coraggio apostolico di chi sa che ha il tesoro della vita nelle sue mani. Tesoro che è il vangelo di Gesù e la sua persona, resa sempre trasparente e tangibile dai tanti santi che il buon Dio ha voluto donare alla nostra nazione. Anche la nostra Diocesi , nonostante alcune reazioni a volte un po’ lente e refrattarie al Concilio, si è messa in moto , grazie alla sollecitudine dei suoi vescovi. L’istituzione dei Consigli Pastorali, dei Consigli per gli Affari economici, la valorizzazione dell’associazionismo laicale, i percorsi di formazione per un laicato maturo e responsabile del dono della vocazione, la costituzione delle unità pastorali, il Convegno del 2005... Lungo è l’elenco delle esperienze compiute . L’Assemblea sinodale, che ha iniziato la fase più delicata e la più sostanziale dell’ascolto, lo scorso 10 aprile, si attua nella possibilità di un confronto con le singole persone, con i gruppi e con le comunità cristiane attraverso due quaderni che i sacerdoti hanno già ricevuto e che stanno raggiungendo tutti i battezzati del nostro territorio. Le riflessioni e le domande sono solo un punto di partenza. Ciascuno si senta coinvolto e reso partecipe nell’edificazione della Chiesa di Cristo anche con questo strumento dell’Assemblea. La fase di ascolto si concluderà in ottobre 2021 . Poi la Segreteria generale raccoglierà le sollecitazioni pervenute e si metterà al lavoro per produrre un testo, chiamato Instrumentum laboris , per avviare la fase dell’Assemblea nelle cinque zone della Diocesi (marzo-giugno 2022). Sarà un altro passo in avanti per maturare insieme proposte e soluzioni ai problemi del nostro tempo. Si potranno individuare strategie e strumenti adatti per vivere il dono della vita in Cristo. Questo confronto zonale sarà raccolto dalla Segretaria generale nel libro assembleare che poi verrà discusso e approvato nella tre giorni di Assemblea sinodale diocesana che si celebrerà in ottobre 2022. Da lì partirà la fase di attuazione, che sarà compito di ogni battezzato, ciascuno per la sua parte, perché il vangelo di Gesù continui a camminare più speditamente in mezzo alla nostra gente e possa portare la gioia di chi sa di essere chiamato alla vita. Maurizio Girolami Segretario generale L’assemblea che ci apprestiamo a vivere è solo un tratto di un cammino ecclesiale di più ampio respiro Papa Francesco chiede una Chiesa italiana inquieta, sensibile e pronta alle sollecitudini dello Spirito, capace di affrontare il cambiamento Dal Discorso del Santo Padre a Firenze, martedì 10 novembre 2015 in occasione dell’incontro con i rappresentanti del V convegno nazionale della Chiesa italiana Parole guida dal Magistero di papa Francesco Questo tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria "fetta" della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, oserei dire arrabbiarsi insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l’incontro si trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo ma accettarlo. "Accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo"( Evangelii gaudium , 227). [...] La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità. Del resto, le nostre stesse formulazioni di fede sono frutto di un dialogo e di un incontro tra culture, comunità e istanze differenti. Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia. Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme , di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. E senza paura di compiere l’esodo necessario ad ogni autentico dialogo. Altrimenti non è possibile comprendere le ragioni dell’altro, né capire fino infondo che il fratello conta più delle posizioni che giudichiamo lontane dalle nostre pur autentiche certezze. È fratello. Ma la Chiesa sappia anche dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico: è questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune. I credenti sono cittadini. E lo dico qui a Firenze, dove arte, fede e cittadinanza si sono sempre composte in un equilibrio dinamico tra denuncia e proposta. La nazione non è un museo, ma è un’opera collettiva in permanente costruzione in cui sono da mettere in comune proprio le cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche o religiose. Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli : il Signore è attivo e all’opera nel mondo. Voi, dunque, uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nessuno escluso (cfr Mt 22,9).Soprattutto accompagnate chi è rimasto al bordo della strada, "zoppi, storpi, ciechi, sordi"(Mt 15,30). Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo. Mi piace una Chiesa italiana inquieta , sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma , che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà. L’umanesimo cristiano che siete chiamati a vivere afferma radicalmente la dignità di ogni persona come figlio di Dio, stabilisce tra ogni essere umano una fondamentale fraternità, insegna a comprendere il lavoro, ad abitare il creato come casa comune, fornisce ragioni per l’allegria e l’umorismo, anche nel mezzo di una vita tante volte molto dura. Sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo sogno, permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium , per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avrete individuato in questo convegno. Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creativo per concretizzare questo studio. Ne sono sicuro perché siete una Chiesa adulta, antichissima nella fede, solida nelle radici e ampia nei frutti. Perciò siate creativi nell’esprimere quel genio che i vostri grandi, da Dante a Michelangelo, hanno espresso in maniera ineguagliabile. Credete al genio del cristianesimo italiano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo di questo straordinario Paese. Papa Francesco Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme di costruire insieme di fare progetti Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti Sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo sogno, permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità..., in ogni Diocesi... cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium Previous Next

  • IL POPOLO n. 33 del 05.09.2021

    < Back IL POPOLO n. 33 del 05.09.2021 IL POPOLO ​ Assemblea sinodale e formazione missionaria Assemblea sinodale e formazione missionaria La formazione è, insieme alle relazioni, uno dei termini principali sui quali le parrocchie e le unità pastorali della nostra diocesi hanno posto l’accento rispondendo al questionario formulato in occasione della recente visita pastorale del Vescovo. Che rapporto c’è tra questo tema importante e l’Assemblea Sinodale che si sta preparando in diocesi? C’è un rapporto stretto e articolato. Lo si evince anzitutto dal fatto che entrambi i Quaderni preparatori dell’Assemblea mettono in risalto la centralità della formazione, "esigenza che diventa bisogno per chiunque vuole crescere" (Quaderno Secondo, par. 6). Questa "parola emergente, e mai invecchiata" (Quaderno Primo, par. 14), si declina in vari ambiti (personale, familiare, catechistico, liturgico), è attribuita a diversi soggetti (non solo le nuove generazioni, ma anche gli adulti, cioè genitori, catechisti, diaconi e presbiteri) e ha per oggetto differenti realtà (il Vangelo da un lato e la cultura del nostro tempo dall’altro). Che il nesso tra formazione e Assemblea Sinodale sia essenziale, lo si può capire inoltre riflettendo sulla natura e sullo scopo di ciascuna. L’Assemblea Sinodale potrebbe essere definita come un rimettersi in cammino tutti insieme per riannunciare il Vangelo tutti insieme. È una strada che viene condivisa (questo significa etimologicamente la parola "sinodo") al fine di tracciare un’altra strada da condividere, quella di una nuova evangelizzazione. Lo scopo dell’Assemblea Sinodale è dunque quello di agevolare nella nostra diocesi la trasformazione missionaria della Chiesa, come indicato da Papa Francesco nella Evangeliigaudium. Si tratta di un processo di riforma che non investe soltanto le strutture, ma coinvolge direttamente la persona di ogni singolo fedele. "Siamo giunti ad una svolta che interpella ciascun battezzato a fare la propria parte perché la fede risplenda nel nostro tempo con la sua inesauribile forza di umanità e di pace per tutti" (Quaderno Primo, par. 22). È precisamente questo il punto di innesto tra la riforma missionaria , a cui è finalizzata l’Assemblea Sinodale, e la formazione. La formazione in generale , infatti, è il processo attraverso il quale una persona perfeziona le proprie capacità diventando in grado di compiere nel modo migliore ciò di cui è capace. Nello specifico , tutti i battezzati possiedono, in virtù del battesimo, una capacità missionaria: "È il battesimo, infatti, che abilita ogni credente ad andare dappertutto per portare ad ogni persona l’annuncio di amore e di salvezza del Risorto" (Quaderno Primo, par. 23). Il compito missionario al quale ogni battezzato è chiamato, tuttavia, può essere svolto al meglio solo mediante un’adeguata formazione. Nessuno si sognerebbe di inviare un missionario in terre lontane senza prima averlo formato come si deve; analogamente, non è pensabile che un battezzato possa operare bene come evangelizzatore senza una formazione adatta al tipo speciale di evangelizzazione a cui è chiamato nel proprio ambiente quotidiano di vita. Senza formazione, non ci può essere buona evangelizzazione. Il fine dell’Assemblea Sinodale , cioè la trasformazione missionaria della Chiesa di Concordia-Pordenone, non può essere veramente raggiunto senza la formazione di tutti i battezzati che compongono la nostra Chiesa diocesana. Il rapporto tra Assemblea Sinodale e formazione può essere chiarito con una similitudine tratta dal mondo sportivo, che in questa indimenticabile estate del 2021 ha regalato a noi italiani grandi soddisfazioni. Non sembri irriverente un tal genere di paragone: lo usava già san Paolo nelle sue lettere (1 Cor 9, 24-27). Immaginate una squadra di calcio dal glorioso passato che si riduca a giocare soltanto in difesa, perdendo gradualmente posizioni in classifica e stima in se stessa. Immaginate ora un allenatore che voglia cambiare il gioco di questa squadra, facendola uscire dalla propria metà campo e riportandola ad avere l’iniziativa, a costo di correre qualche rischio nel reparto difensivo. Alla squadra verranno dati nuovi schemi e ai giocatori saranno attribuiti ruoli differenti rispetto a prima. Per attuare gli schemi e svolgere i loro nuovi ruoli, i giocatori avranno bisogno di modificare i loro allenamenti e le loro relazioni in campo. Mettete ora al posto della squadra la nostra Chiesa diocesana , al posto dell’allenatore il nostro Vescovo e al posto dei giocatori tutti noi battezzati della diocesi: se vogliamo essere una Chiesa in uscita, che prenda l’iniziativa e si spinga coraggiosamente in avanti con proposte innovative di evangelizzazione, tutti dobbiamo accettare di modificare i nostri schemi precedenti e prepararci a quelli nuovi con la formazione missionaria necessaria a ciascuno di noi. L’Assemblea Sinodale ci offre una grossa opportunità , quella di contribuire alla definizione dei nuovi "schemi di gioco" e all’individuazione delle forme di "allenamento" di cui abbiamo bisogno per attuarli. Fuor di metafora, attraverso le fasi di ascolto e di confronto dell’Assemblea Sinodale, potremo aiutarci reciprocamente a capire quali passi compiere "per diventare discepoli del Maestro Gesù, il quale uscì lungo le strade del mondo per incontrare ogni situazione umana" (Quaderno Secondo, par. 7), consapevoli e fiduciosi che, come egli ci ha insegnato, "ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro" (Lc 6, 40). Giovanni Catapano Entrambi i Quaderni preparatori dell’Assemblea mettono in risalto la centralità della formazione, "esigenza che diventa bisogno per chiunque vuole crescere" Che il nesso tra formazione e Assemblea Sinodale sia essenziale, lo si può capire inoltre riflettendo sulla natura e sullo scopo di ciascuna Parole guida dalla CEI La missione della parrocchia oggi Per il pastore, anche una sola pecora è tanto importante da indurlo a lasciare tutte le altre nel deserto, per andare a cercare l’unica che si è smarrita. Il pastore Gesù è la trasparenza dell’amore di Dio, che non abbandona nessuno, ma cerca tutti e ciascuno con passione. Tutte le scelte pastorali hanno la loro radice in quest’immagine evangelica di ardente missionarietà Nella parabola del pastore e della pecora perduta e ritrovata, Gesù si preoccupa di mostrare che, per il pastore, anche una sola pecora è tanto importante da indurlo a lasciare tutte le altre nel deserto, per andare a cercare l’unica che si è smarrita; e quando la ritrova, prova una grande gioia e vuole che la sua gioia sia condivisa (cfr Lc 15,4-7). Il pastore Gesù è la trasparenza dell’amore di Dio, che non abbandona nessuno, ma cerca tutti e ciascuno con passione. Tutte le scelte pastorali hanno la loro radice in quest’immagine evangelica di ardente missionarietà. Essa appartiene in modo tutto particolare alla parrocchia. Nata come forma della comunità cristiana in grado di comunicare e far crescere la fede nella storia e di realizzare il carattere comunitario della Chiesa, la parrocchia ha cercato di dare forma al Vangelo nel cuore dell’esistenza umana. Essa è la figura più conosciuta della Chiesa per il suo carattere di vicinanza a tutti, di apertura verso tutti, di accoglienza per tutti. Nel cattolicesimo, in particolare in quello italiano, le parrocchie hanno indicato la "vita buona" secondo il Vangelo di Gesù e hanno sorretto il senso di appartenenza alla Chiesa. Con la sua struttura flessibile, la parrocchia è stata in grado, sia pure a volte con fatica, di rispondere alle trasformazioni sociali e alle diverse sensibilità religiose. A livello di parrocchia si coglie la verità di quanto afferma il Concilio Vaticano II, e cioè che "la Chiesa cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena" (Gaudium et Spes 40). Oggi, però, questa figura di parrocchia si trova minacciata da due possibili derive: da una parte la spinta a fare della parrocchia una comunità "autoreferenziale", in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme, coltivando rapporti ravvicinati e rassicuranti; dall’altra la percezione della parrocchia come "centro di servizi" per l’amministrazione dei sacramenti, che dà per scontata la fede in quanti li richiedono. La consapevolezza del rischio non ci fa pessimisti: la parrocchia nel passato ha saputo affrontare i cambiamenti mantenendo intatta l’istanza centrale di comunicare la fede al popolo. Ciò tuttavia non è sufficiente ad assicurarci che anche nel futuro essa sarà in grado di essere concretamente missionaria. Perché ciò accada, dobbiamo affrontare alcuni snodi essenziali. Il primo riguarda il carattere della parrocchia come figura di Chiesa radicata in un luogo: come intercettare "a partire dalla parrocchia" i nuovi "luoghi" dell’esperienza umana, così diffusi e dispersi? Altrettanto ci interroga la connotazione della parrocchia come figura di Chiesa vicina alla vita della gente: come accogliere e accompagnare le persone, tessendo trame di solidarietà in nome di un Vangelo di verità e di carità, in un contesto di complessità sociale crescente? E ancora, la parrocchia è figura di Chiesa semplice e umile, porta di accesso al Vangelo per tutti: in una società pluralista, come far sì che la sua "debolezza" aggregativa non determini una fragilità della proposta? E, infine, la parrocchia è figura di Chiesa di popolo, avamposto della Chiesa verso ogni situazione umana, strumento di integrazione, punto di partenza per percorsi più esigenti: ma come sfuggire al pericolo di ridursi a gestire il folklore religioso o il bisogno di sacro? Su questi interrogativi dobbiamo misurarci per riposizionare la parrocchia in un orizzonte più spiccatamente missionario. […] Nell’Eucaristia, dono di sé che Cristo offre per tutti, riconosciamo la sorgente prima, il cuore pulsante, l’espressione più alta della Chiesa che si fa missionaria partendo dal luogo della sua presenza tra le case degli uomini, dall’altare delle nostre chiese parrocchiali. Dalla nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia (30 maggio 2004) Previous Next

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